La Rubrica della Cespu: basta con la frase “Chiama se hai bisogno”

Nuovo appuntamento con Covid and the City di Alessia Cespuglio

Grafica di Raffaele Commone
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Pubblicato ore 14:30

– di Alessia Cespuglio

Mentre prima parlavamo di un sacco di cose, e anche di sesso, adesso parliamo solo di Covid. Ammettiamolo. Tanto vale parlarne apertamente. Uno sguardo libero e quanto possibile sorridente su quello che ahinoi sta capitando a tutti.

Per domande, contributi, stimoli ed opinioni, per un confronto divertito vecchia maniera senza che sia solo “social”: covidandthecity2.0@gmail.com.

Amiche e amici

Come state? Vi sono mancata la scorsa settimana che non vi ho mandato l’articolo? Lo so che state scuotendo la testa, sorridendo magari. Mi pare di vedervi. Ma io insisto e scrivo lo stesso, di carattere. Ormai voglio arrivare alla fine.
Ma alla fine di cosa Cespu?
La FINE, gente!
La FINE di tutto questo. Perché arriverà prima o poi. Arriverà, arriverà. Ma per ora ci siamo ancora dentro. Ormai avrete chiaro che questa mia rubrica è solo un eco del mio ego in lockdown, un flusso inutile dei miei pensieri ma indovinate un po’ perché la scorsa settimana non ho scritto?
Perché me lo sono dimenticato! Sì perché in questo “dentro” succedono un sacco di cose, le solite in effetti: si lavora, non si lavora, ci mancano i soldi, ci si innamora, ci si lascia, si va in crisi, si litiga, ci si allontana, si fa amicizia, ci si preoccupa, ci si arrabbia. Si perde qualcuno di caro.
Però tutto è più difficile, è scollegato, anche se non è per forza peggio, è di sicuro “diverso”.
Com’è potuto accadere che mi sia dimenticata di scrivervi ? Vi chiederete voi, miei affezionati lettori. È invece è accaduto.

In questa normalità anormale, dove puoi uscire da casa per fare delle cose ma non uscire davvero, non ti puoi muovere se non per un motivo, succedono cose “normali” come dimenticarsi di fare una cosa a cui tieni tantissimo, o dire cose che “prima” avevano un senso e adesso sembrano come dire? Diverse.
Vi faccio un semplice esempio.
Un’amica cara ha perso da pochi giorni la mamma. E anche io da pochi giorni ho perso un caro zio. Grandi dolori. Mi chiama lei, la mia amica, non sapendo della mia perdita e con tanto affetto si fa due parole, sull’assurdità del momento e di come il dolore assume sfumature diverse in questo periodo. Ci si consola a vicenda, con semplicità. E poi ad un certo punto mi dice “ Oh mi raccomando eh, non mi dire pure tu la frase che mi sento dire da giorni “SE HAI BISOGNO, CHIAMA”.
“Se hai bisogno, chiama”.
È stato detto anche a me. L’ho detta anche io migliaia di volte. E chi ce l’ ha detto, o lo abbiamo detto in buona fede e con amore, di sicuro. Ma ad entrambe ha fatto lo stesso effetto adesso.
Questa frase “se hai bisogno, chiama” è una frase sì di circostanza, ma concreta, e in effetti ha un suo perché. Normalmente è seguita da “Ricordati che ci sono”. Ma dopo questi mesi dove anche tra parenti e amici è difficile vedersi, dove anche al dolore è negato per buon senso lo “stringersi insieme“, il raccogliersi, questa frase mi risulta di colpo insopportabile. E risulta anche alla mia cara amica, che ringrazio per aver condiviso con me la sua riflessione.
E lanciamo un appello alla cittadinanza.
Non diciamolo più. Troviamo un’altra frase per esprimere lo stesso concetto.
Il dolore non è un “bisogno”.
Il bisogno (da vocabolario) è: necessità di ciò che manca ed è indispensabile.
Lo vogliamo rendere più concreto e quotidiano? “Ho bisogno che mi porti le chiavi: sono rimasto fuori di casa”, “Ho bisogno che mi passi a prendere che sono a piedi con la macchina rotta”, “Ho bisogno di soldi”. È qualcosa di materiale. Ma si parla di emozioni. Di sentimenti.
Il dolore non è qualcosa che manca. È qualcosa che c’è. Che prima non c’era e adesso c’è. Come la tristezza, questa in realtà va e viene, ma è lo stesso principio.
E vivere col dolore della mancanza di qualcuno, non si traduce col bisogno di sentire qualcun altro. Anche se in realtà farebbe piacere e farebbe stare meglio.
Non sono impazzita amiche e amici, non sto facendo le pulci alle frasi di circostanza dette con amore. Ma vorrei dirvi una cosa semplice e dicendolo a voi lo dico anche a me perché l’ho usata io stessa in passato migliaia di volte: chiamiamo, senza che nessuno lo debba chiedere. Se sappiamo o immaginiamo che qualcuno dei nostri amici abbia “bisogno”, chiamiamo noi. Alle brutte non ci rispondono. Ma andiamo al di là delle frasi di circostanza. Non ce n’è “bisogno”.

Sarà l’epoca Covid, sarà che tante relazioni r-esistono solo per telefono, ma basta davvero poco per sentirsi vicini lo stesso. E chi sta male-male-male magari chiama anche e lo dice, ma chi sta “solo” male, magari non lo fa. Non ha l’energia. E non si parla solo di lutti, ma anche di una “semplice” tristezza. Di una banalissima solitudine. Di un normalissimo giramento di palle. Della voglia di farsi due risate. Guardiamoci intorno. Magari si può fare qualcosa di più nel nostro piccolo. Si parla ore e ore del vaccino sì, del vaccino no, della politica, si sprecano energie sui social e magari non si fa la cosa più banale del mondo: far sentire che ci siamo a qualcuno. Che ci siamo davvero.
La mia è una provocazione, cari miei. Non ce l’ho con nessuno. Anzi vi voglio un sacco di bene.

Tutto questo pippone per parlare ancora di come agisce su di noi la Pandemia: siamo normali senza esserlo, chiediamo e offriamo normalità e dopo un anno non ci siamo ancora rassegnati che le cose non sono strane solo ora, erano assurde anche prima solo che adesso sono molto più evidenti e se ci poniamo rimedio adesso magari “dopo” (perché ci sarò un cazzo di dopo, no?) sarà meglio.
Spero comprendiate cosa dico, non voleva essere questo mio articoletto di questa settimana, solo un monito modaiolo della serie “Sopravvivere con stile a questo benedetto Covid-19”.
Spero si sia capito.
Ah un’ultima cosa.
Se avete bisogno – mi raccomando- chiamatemi.
No, scherzo.
Una cosa seria.
Vorrei mandare un abbraccio pieno d’amore a tutti quelli che hanno perso qualcuno in questo periodo, perché rigovernarsi la “normalità”, specie i primi tempi, faceva già tanta tanta tanta fatica prima, figuriamoci adesso.
Vi lovvo
Una di noi

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