
Pubblicato ore 12:28
- di Alessia Cespuglio
Mentre prima parlavamo di un sacco di cose, e anche di sesso, adesso parliamo solo di Covid. Ammettiamolo. Tanto vale parlarne apertamente. Uno sguardo libero e quanto possibile sorridente su quello che ahinoi sta capitando a tutti.
Per domande, contributi, stimoli ed opinioni, per un confronto divertito vecchia maniera senza che sia solo “social”.
covidandthecity2.0@gmail.com, Alessia vi risponderà.
Eccomi amici e amiche,
continua il nostro viaggio nella Pandemia. Di fatto la stiamo attraversando tutti tra norme, dpcm, crisi di governo, celebrazioni importanti, polemiche sulla presenza del pubblico a Sanremo e chi più ne ha più ne metta.
Controllando la mail della rubrica, non trovo nessun vostro contributo, ma leggo con curiosità la mail che mi manda lo staff di Google con oggetto “il tuo riepilogo del 2020”. Curiosa la apro e ovviamene confrontando i dati della geolocalizzazione che ho attiva evidentemente per varie app, pensando di farmi chissà quale enorme favore, Google mi vuole ricordare i 23 luoghi che ho visitato nel 2020. La mappa che mi presenta mi fa sorridere e pensare: 23 posti fra Montenero e Stagno. Ovvio che gli mancano tanti pezzi dei miei spostamenti ma di sicuro al di là del dettaglio specifico di ogni singolo posto, mi salta all’occhio quello che sappiamo bene tutti: a giro ci siamo andati ben poco. E vorrei anche vedere, aggiungo io.
Il fatto che un sistema automatico mi voglia “aiutare” a programmare spostamenti, tragitti e quant’altro lo trovo quasi fastidioso nel momento in cui leggo. Vorrei rispondere a questo sistema pensato per aiutare l’utente ad agevolare la propria esistenza, che ecco caro Google non ho bisogno che mi ricordi quanto il mio e il mondo di tutti si sia ristretto da un anno a questa parte. Lo so già per conto mio. Che non mi agevoli in nulla se non a percepire fisicamente il giramento di scatole latente che viviamo ormai tutti e tutti i giorni. Grandi e piccini. Ma cosa mi indispettisco a fare davanti allo schermo di un pc? Davvero sono al punto che me la prendo con Google? Dai, no. Su Cespu ripijati! Provo a sorridere. Mi riesce maluccio e ripiego per orgoglio attoriale in una smorfia che sembra più un ghigno che altro. Nemmeno a fare le “facce” mi diverto più. Che stanchezza.
Ecco l’argomento di oggi: la stanchezza. Stanchezza a quasi un anno da questa esperienza globale collettiva. Sono cambiati i nostri orari grazie al coprifuoco, le nostre abitudini sociali, i nostri modi di salutarsi, relazionarsi, le nostre condizioni lavorative, i nostri progetti a lunga e breve scadenza. Non semplice da infilare in un quotidiano che comunque in parte assomiglia alla vita di “prima”.
Perché non è tanto l’esterno dei nostri aspetti, impreziositi da una mascherina dietro il quale si celano sorrisi e bronci, ma l’interno dei nostri pensieri che sento che si stanno allontanando dalla vita di un anno fa. Un’emergenza così lunga comincia a sedimentare inesorabilmente, volenti o nolenti. C’è da dire che la zona gialla permette anche mentalmente di rilassarsi un minimo, sempre facendo le dovute attenzioni, ma vedere bar e ristoranti aperti e vederli frequentati, popolati da clienti sorridenti che per capienza possono starci nel rispetto delle nuove norme, è quasi di conforto. Ma alla gioia di poter andare al bar o al ristorante, o di muoversi un po’ di più si affaccia imprescindibile il fatto che la situazione può cambiare da un momento all’altro e che la stagione estiva non è ancora così vicina. Ed è un attimo, il pensiero di tutto il resto arriva e quel breve istante di effimero conforto si spenge.
Quindi cari amici, oggi nessuno stimolo creativo, nessuna immagine poetica o altro. Oggi accolgo la mia e la vostra stanchezza con un abbraccio fatto di parole dolci che vi mando e che concedo alle nostre stanchezze. Penso che rifiutare questa stanchezza sia come allontanarsi da una presa di coscienza doverosa della realtà. Quindi io lo dico a gran voce “sono stanca” ma contrariamente a quello che leggo sui social non cerco nessun colpevole a cui dare la colpa di tutto questo, anzi con amore cerco come posso di “curare” la stanchezza: il mio piatto preferito, una partita a domino con mia figlia, scrivere a voi, progettare qualcosa che posso realizzare senza dover rimbalzare come una pallina da flipper contro l’amara realtà, curare per quanto posso il mio lavoro, telefonare a un’amica più stanca di me per fare due battute sceme, battute che se fossimo in presenza si vedrebbe dalla mia espressione che sono fatte per tirarsi su e non sono colpi di genio comici. Al telefono agguantano comunque, almeno fino a ora. Ecco diciamo che non faccio resistenza alla stanchezza e come fosse una piccola bambina da portare a nanna, mi prendo cura di lei e delle sue esigenze. Anche la stanchezza va ascoltata e non ignorata.
E prima di finire a scrivere con tono smelenso da guru de noartri vi saluto e vado a prendermi cura della mia stanchezza. A tutti voi auguro una settimana di cure speciali delle vostre stanchezze, di gesti d’amore, di piccole accortezze che possano farvi sentire accolti, amati, sostenuti nonostante tutto quello che stiamo vivendo.
Vi lovvo.
Una di noi.
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