La rubrica della Cespu. Covid, un anno dalla chiusura. Come siamo cambiati?

Nuovo appuntamento con Covid and the City di Alessia Cespuglio

Grafica di Raffaele Commone
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Pubblicato ore 16:00

  • di Alessia Cespuglio

Mentre prima parlavamo di un sacco di cose, e anche di sesso, adesso parliamo solo di Covid. Ammettiamolo. Tanto vale parlarne apertamente. Uno sguardo libero e quanto possibile sorridente su quello che ahinoi sta capitando a tutti.

Per domande, contributi, stimoli ed opinioni, per un confronto divertito vecchia maniera senza che sia solo “social”.
covidandthecity2.0@gmail.com

È mercoledì.

Io sono sempre io. Voi siete sempre voi.
Sono qui che penso a cosa raccontarvi oggi.
Nulla.
Commentare Sanremo? No dai.
Parlare della festa della donna? Della Palombelli, del direttore-direttora, di Amadeus e del patriarcato che incarna? No. Sono già stanca. Ma è un problema mio, purtroppo mi annoi di tutto molto presto.
Varrebbe la pena parlare invece che nell’ultimo mese del 2020 su 101.000 posti di lavoro persi, 99.000 erano di donne. Il 98%.
Sì di questo ne varrebbe la pena.
È quello che andrebbe approfondito. Però è anche vero che si commenta da sé.
Andrebbe ripetuto ad oltranza per giorni e giorni instancabilmente.
Ma non è che non valga la pena di argomentare è che mi fa troppo dolore.
Allora mi domando di cosa vorrei scrivere stasera.
Ho rimandato. La notte non è che fa sempre bene al pensiero.
Ecco è mattino. Bene. Dai dai scriviamo.
….
….
….
Mmmm. Nulla. Così rifletto perché ho cominciato questa rubrica? Per parlare della nostra vita in epoca covid.
Stare sul pezzo, confrontarsi, riflettere, condividere. Bene, lo farò finché non finisce. Ma cosa ci dobbiamo dire adesso? Quello che mi interessa sono le relazioni, le emozioni, come stiamo, come viviamo, cosa ci succede. A tutti. Questo mi colpisce perché per quante differenze ci siano siamo tutti nella stessa Pandemia.
Siamo ad un anno dalla chiusura totale. Ve lo ricordate Conte che ci annuncia che l’Italia è zona rossa? Le immagini della stazione di Milano con la gente che si accalcava per fuggire? Era proprio in questi giorni. Un anno fa. Sembra un film pensare a questo anno. Siamo all’inizio della terza ondata.
Si legge ovunque che ecco ci siamo, aumentano i contagi, i posti letto, i ristori, i prossimi dpcm, e Pasqua? Ma quest’estate?
Tutto sembra non avere risposte. E sono tutte riposte fuori da noi. Dalla nostra decisione, indipendenti da noi.
Una delle poche cose che posso fare è osservarmi, guardarmi adesso dopo un anno.
Come sono adesso?
Come sono cambiata?
Mi sento davvero molto cambiata, e non in peggio. Ho accettato e abbracciato la mia fragilità. Lo racconto perché prima non ero così. “Prima” avevo seppellito sotto strati di alibi cosa provavo, e io c’ho a che fare con le emozioni da sempre, le studio per mostrarle sul palco, lo faccio da 25 anni. Pensavo di essere in contatto con me stessa.
Aahahahahaha! Balle!
E voi? Cosa avete notato in voi? Non fuori, dentro di voi.
C’è chi si sente uguale, chi peggio, chi meglio (se c’è qualcuno che sta meglio per favore mi scrive? Davvero è una testimonianza che sarebbe importante condividere).
Sono mesi che mi rivolgo a voi Amiche e Amici ma scrivete poco, e va benissimo ma leggete, perché me lo dite che leggete, me lo dite privatamente, per messaggio, me lo dite nei pochi incontri casuali che faccio coperta da mascherina, occhiali e cappello.
Sono diversa da un anno fa. Difficile staccarlo dalla situazione contingente, dalle nuove abitudini, dalle esigenze, dai limiti insomma mettiamola un po’ come ci pare ma io sono davvero diversa.
“Tutto questo” mi sta cambiando.
Abbracciare la fragilità, vuol dire accogliermi, accettare anche questi cazzo di sbalzi di umore. Nell’ultimo mese alterno rabbia e sconforto. Sono sicuramente insopportabile, lo leggo negli occhi della mia figlia maggiore. Mi guarda con rancore. Ci annusiamo le nevrosi reciproche di questo periodo, ognuno abbracciata alla sua pensando che la propria abbia maggior diritto di esistere.
Ma io c’ho l’ansia! Sì, ma io sono incazzata!
Sì, ma io sono triste! Si ma io non so come pagare le bollette! Sì ma.. Sì ma io. E io? E tu?
Stamani accetto e ringrazio per questo scambio.
-Scambio che io ho drammatizzato per voi, ma nella realtà e molto meno nobile di quello che sembra. Che sia chiaro. –
Ho realizzato alcune mie caratteristiche che ho sempre saputo, ma adesso le vedo proprio bene, e realizzarle mi aiuta a capire meglio come FARMI DEL BENE.
Non c’ho nulla da insegnare a nessuno, lo ripeto perché sia chiaro che la mia intenzione è condividere, non ho alcuna pretesa intellettuale se non un diario di bordo di questa Pandemia.
Come posso farmi del bene? Adesso, ora, qui. Subito. Non domani, non quando tutto sarà passato. Ora! Con quello che ho.
E aggiungo anche come posso farmi del bene per bene? Scusate il gioco di parole, non ho resistito.
Ciao sono Alessia, ho 42 anni, e mi sento fragile.
Ma questa fragilità stamattina con questo bel sole mi fa sentire forte.
Mi fa stare bene dirlo a voi, mi fa star bene dirlo a me e realizzare anche che posso prendermi cura della mia fragilità ma non la posso risolvere. Accetto l’incertezza.
Vediamo che effetto fa. Ve lo dico fra una settimana.
Voi come mi fate del bene per bene?
Ecco ci sono!
Allora prometto che se avete pratiche che in questo anno avete sperimentato utili per voi, le proverò con tanto di report per tutti.
Mi offro come cavia per sperimentare ” i 10 migliori modi per stare bene per bene in Pandemia”.
Forza mettetemi alla prova.
Esperimento di giornalismo (parolona nel mio caso) fai da te.

Lasciamo ai posteri delle indicazioni valide ahahahahahah
Decreterò anche un vincitore.
Forza amiche e amici.
Ne ho bisogno io, ma come me anche altre e altri che hanno esaurito il “loro” modo di stare-bene-per-bene.
Vi lovvo.
A mercoledì.

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