
Pubblicato ore 12:00
Emilio Cacini, meglio conosciuto come Soldo di Cacio, è il protagonista del romanzo di Michele Cecchini “Il cielo per ultimo”, uscito nel 2019 per Bollati Boringhieri. In questa rubrica, il Cacini risponde alle domande dei suoi e dei nostri lettori.
Cacini,
recentemente nella tua rubrica hai ricordato le figure di Mario Baglini e di Franco Ferrucci. Io credo che all’elenco tu debba aggiungere Mauro Nocchi. Lo so che potremmo andare avanti all’infinito eccetera eccetera, ma di Mauro Nocchi devi dirci per forza qualcosa subito.
Ti ringrazio, perché so che lo farai.
Anna (Stagno)
Anna,
lei mi induce in tentazione e io come faccio a dirle di no. Anche se, così facendo, trasformiamo questa piccola rubrica in una serie di necrologi tardivi o in un album dei ricordi. Tuttavia non resisto, e procedo.
Anche per Mauro Nocchi mi guardo bene dall’indicarne l’operato, circa il quale 360 gradi sono davvero troppo pochi. Un vulcano, un’infaticabile fucina di iniziative, idee, proposte. Una mole oggettivamente spropositata per le mie modeste forze, per cui mi fermo subito, prima ancora di cominciare. Le dico solo che è stato la memoria storica della nostra città, a cui ha dato tutto se stesso, e non è tanto per dire. Era figlio di Alcide Nocchi, ma di questo magari parliamo un’altra volta.
Siccome temo di scadere nel melenso, sa che c’è, Anna? Mi limito a raccontarle un fatto piccino piccino, ma che mi è rimasto a mente perché secondo me la dice lunghissima.
Un pomeriggio di qualche anno fa mi trovavo alla libreria Erasmo, quando era in via degli Avvalorati. Eravamo seduti a chiacchierare. Non ricordo esattamente chi c’era. Di sicuro La Tram, una formidabile disegnatrice e fumettista. Se non ne conosce l’opera, Anna, si affretti a documentarsi e colmi la lacuna.
Insomma io, La Tram e chissà chi altri stavamo chiacchierando quando a un certo punto entra Mauro. Gli vado incontro, ci salutiamo e lui mi fa: “Posso sedermi lì con voi? Vi ascolto, così imparo qualcosa”.
Ha capito, Anna? Mauro Nocchi. A noi. Più o meno delle caccole (mi passi l’ardita metafora) al cospetto di quel gigante.
“Così imparo qualcosa”. Glielo riporto testualmente perché mi è rimasta impressa, questa frase. Descrive bene la caratura della persona. Solo i grandi sono capaci di questi piccoli gesti. E non mi riferisco solo all’umiltà, ma al fatto di coltivare costantemente quella che è stata la linfa vitale che ha sostenuto quell’uomo (insieme alla moglie Iolanda, neanche occorre dirlo) facendolo andare oltre i tanti disagi fisici. Cioè la curiosità.
Mauro Nocchi era un terribile, indomabile curioso. Per questo secondo me fino all’ultimo ha avuto la testa come un brillante (apprezzi la citazione, Anna).
Qualche volta lo incontravo per strada. Stava seduto in macchina – una Skoda che gliel’avrei fatta vedere – con lo sportello aperto, in attesa della moglie che era in farmacia. Nel frattempo leggeva qualche quotidiano. Ne aveva sempre una pila. Una volta mi disse: “Io non lo so perché continuo a leggere i giornali, visto che poi mi incazzo”.
Mauro, tra le tante cose, ci ha lasciato in eredità anche questa: continuare a essere curiosi e continuare a incazzarsi. Ma bisognerebbe farlo con la classe e l’arguzia di Mauro Nocchi. Sicché, niente.
Buone cose, Anna.
Cacio
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