La rubrica della Cespu: “Notte di coprifuoco n. 68”

Nuovo appuntamento con Covid and the City di Alessia Cespuglio

Grafica di Raffaele Commone
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Pubblicato ore 14:00

– di Alessia Cespuglio

Mentre prima parlavamo di un sacco di cose, e anche di sesso, adesso parliamo solo di Covid. Ammettiamolo. Tanto vale parlarne apertamente. Uno sguardo libero e  quanto possibile sorridente su quello che ahinoi sta capitando a tutti.

Per domande, contributi, stimoli ed opinioni, per un confronto divertito vecchia maniera senza che sia solo “social”, scrivete a
covidandthecity2.0@gmail.com Alessia vi risponderà.

Notte. Neanche il vento soffia più stanotte. Il freddo accarezza il vetro del salotto. Che silenzio. Ancora non faccio l’abitudine al coprifuoco. Ascoltare la notte è diverso adesso: nessuna auto, nessuno che chiacchiera per strada. Ho vissuto moltissimo la nostra bella città di notte, il mio lavoro ( che prima o poi tornerò a fare) mi vede,  anzi  mi vedeVA  spesso impegnata ad insegnare la sera, oppure in scena. E quando rincasavo poi prima di dormire passava del tempo. Spesso mi capitava abitando in centro di ascoltare la strada, senza affacciarmi alla finestra mi “godevo” solo l’audio.

Mi viene in mente un episodio di circa un anno fa. Era poi un anno fa? C’era già il Covid? Oppure era prima? Forse 5 mesi fa. Faceva caldo? Faceva freddo? Non riesco a collocarlo bene nel tempo.  Saranno state le 2 e mezzo di notte quando dalla finestra aperta ( faceva caldo ma non c’era il coprifuoco ma allora era quest’anno? Ero a casa della Lemmi sul divano? No non ero lì. Allora era l’anno prima? Non lo ricordo, mannaggia. Insomma torniamo al mio ricordo: sento una breve litigata fra due innamorati, lei monta sul motorino e se ne va. Il ragazzo in questione comincia a piangere. Solo. Comincia a piangere a dirotto per più di un’ora. E non parlava al telefono. Piangeva e invocava la sua bella, mi fece un enorme tenerezza. Piangeva e piangeva senza pace. Sotto la mia finestra. Povero, pensavo, la litigata era stata breve, le parole non le avevo sentite,  lei lo aveva liquidato velocemente senza – evidentemente – lasciargli possibilità di replica. E lui si mise a piangere pensando di essere solo nel silenzio della notte. Invece c’ero io.  Non riuscivo a distrarmi da questo pianto inconsolabile. Singhiozzava. Lo ascoltai fino a che piano piano si calmò e smise. Un pianto senza volto, un oceano di lacrime senza occhi. Chi era? Avranno fatto pace? Ve lo racconto perché a pensarci adesso questo non può più succedere. Nessuna improvvisata nella notte, nessun litigio di fine serata per strada, nessuna serenata, nessun bacio nei portoni. Dai. Su. Mi volete dire che davvero qualcuno si bacia alle 21.55?

Affidiamo davvero la poesia delle nostre distanze solo a whatsapp? Lascio al prossimo articolo  gli spunti su come sono cambiati i nostri orari sentimentali. Sbuffo un po’. Il sonno non sempre arriva quando deve arrivare in queste serate. Quando poi hai problemi di connessione, come me in questi giorni,  guardare qualsiasi cosa diventa un’interminabile agonia. Prendere un bel libro alle volte fa fatica, e anche trovare il modo giusto per addormentarsi diventa una sfida. Facebook mi ha bloccato l’account per un problema che mi porto dietro da mesi di post promozionali indesiderati che non so come sconfiggere, provo a sbloccare il benedettissimo account social da giorni secondo le procedure. Al millesimo tentativo ho desistito.  Sorrido pensando che sono bannata come Trump.

Che fare quindi? Mi alzo la prima volta: tisana. Mi alzo la seconda volta: due biscotti e a letto. Mi alzo la terza volta: a letto non ci torno. Eccomi qua Amiche e Amici  di COVID AND THE CITY sul mio divano a fissare la tv spenta.
Siamo alla 68 esima notte di COPRIFUOCO. Le ho contate. Sono davvero tante.

Sono un tipo malinconico da sempre, sono del Cancro,  mi sono sempre avvinghiata al passato come un manifestante a pro di Trump al leggìo di Nancy Pelosi. Ma chissà per quale motivo dopo una vita a sospirare alla luna per i più svariati motivi, da quando c’è il Covid non ho più alcun senso di malinconia. Misteri del Covid.
Controllo la posta della rubrica.
ATTENZIONE. C’è un’email. Del 6 gennaio. MA COME?! Non l’ho vista? Sono giorni che combatto con la tecnologia a diversi livelli, prima la rete, poi con  l’account social (male di poco), poi di nuovo con la rete, la posta va e non va. Insomma noie di poco conto ma pur sempre noie, come se già  non ce ne fossero abbastanza .
Mi scrive Barbara M. in seguito al mio articolo di mercoledì scorso sulle abitudini da lockdown delle famiglie e relative convivenze:
“Quanto volentieri ti leggo… Indirizzi l’altrui pensiero su strade da te suggerite, con successo devo dire.
E infatti rimugino su quanto l’obbligatorietà a rimanere a casa ci abbia reso più tolleranti alle consuetudini del resto della famiglia. Ho giocato a carte con mio figlio ventenne dopo non so quanti anni, credo fosse molto piccolo l’ultima volta.
E non nego di aver paura di questo virus (attendo fiduciosa il vaccino) perché non so come il mio fisico reagirebbe. Vivo gli affetti come posso ma PIU’ che posso.”
VIVO GLI AFFETTI PIU’ CHE POSSO. Grazie Barbara bellissime parole le tue, le condivido pienamente. Scusa se ho letto solo stanotte le tue parole, ti sento molto  in linea con quello a cui stavo pensando : tu rimugini sul DENTRO  le finestre cosa accade e ci racconti una bellissima immagine di te e tuo figlio ormai grande che giocate a carte dopo anni, io sul FUORI dalle finestre e penso ai marciapiedi  orfani degli amanti. Due facce della stessa medaglia. Grazie per avermi scritto, anche questa 68esima notte di coprifuoco grazie alle tue parole, ha trovato il suo senso.
Ho sbloccato pure l’account social nel frattempo. Trump rimanici tu bannato.
Amiche e amici
aspettando fiduciosa come la nostra amica Barbara il vaccino (e anche il sonno stanotte).
vi lovvo tutti
Una di noi

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