Marco Ligabue, un libro che racconta la musica e il rapporto con il fratello rocker

È uscito ad aprile "Salutami tuo fratello!"

marco ligabue
Marco Ligabue. Foto: Maurizio Bresciani
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Pubblicato ore 12:00

  • di Sandra Mazzinghi

Trentatré capitoli da leggere tutti d’un fiato per curiosare nella vita di uno dei più grandi rocker attraverso gli occhi del fratello: Marco Ligabue che scrive di Luciano Ligabue. Anche Marco è immerso nella musica: cantautore, ha dieci anni in meno del grande Liga.

La copertina del libro.

Salutami tuo fratello!” è il libro di Marco Ligabue, edito da Pendragon, 2021. Chissà quante volte se l’è sentito dire Marco, nella sua vita. Perché essere il fratello di una rockstar come (Luciano) Ligabue non dev’essere facile. E oggi racconta il suo percorso di “fratello di”, un libro dove trapela la passione per la musica e il grande affetto fraterno.

Marco, non voglio parlare con te di Luciano, ma del tuo libro. Come ti è venuta l’idea?

Il libro non era in programma, ero un po’ scettico, pensavo che nella mia vita non avrei mai scritto. Poi circa un anno e mezzo fa un mio amico giornalista mi disse “Marco, tu dovresti scrivere un libro! Hai vissuto un’esperienza nella musica che è molto singolare. Sei stato prima fan, poi hai lavorato, sostenendo tuo fratello, sei stato musicista, poi cantautore, sei fratello di una rock-star, insomma, hai vissuto la musica da tante sfaccettature… potresti
raccontarle.” Questa è stata la chiave che mi ha sbloccato e mi ha fatto venir voglia di scrivere questo libro e son partito: racconto dopo racconto, andavo ad istinto e adesso eccomi qua!

Come mai questo titolo?

Guarda, è un po’ per scherzare su una frase che mi sono sentito dire di più nella mia vita. È chiaro che quando sei il fratello di una rockstar così famosa succede quotidianamente. Chiunque alla fine di un discorso mi dice “Oh, mi raccomando, salutami tuo fratello!” ed è una cosa bella perché è un modo di partecipare al successo di Luciano.

Ti sei messo a nudo nel tuo rapporto con Luciano?

Sì, ho raccontato tanti aspetti della vita familiare e della vita di noi due. Di solito si conosce di più la parte artistica, quella legata ai dischi, alle canzoni, ai concerti. Nel mio libro si entra nel lato umano.

Ti ha aiutato il periodo di lockdown per la stesura del libro?

Tantissimo. Perché essendo alla prima esperienza ci ho messo parecchio tempo a scriverlo. I capitoli li scrivevo di getto, ma dopo mi piaceva andare a rivedere il tutto, anche per non sbagliare date e titoli.

Foto: Maurizio Bresciani

Che differenza c’è tra scrivere una canzone e un libro?

Nella canzone devi fare un’opera di super-sintesi: ci sono venti o trenta frasi che raccontano un mondo. Nel libro hai tante pagine bianche per un approfondimento che in una canzone non è neanche pensabile ed è questa la cosa che forse mi ha appassionato di più nello scrivere.

Per esempio?

L’idea di descrivere un posto, descrivere un momento, scrivere bene i discorsi delle persone, scrivere i sentimenti che provavo e ogni cosa che mi capitava: che fosse un dolore, una gioia, un entusiasmo o un imbarazzo. È stato bello!

Una curiosità, Marco… Ma i nomi e cognomi sono veri?

Sì. Sono tutti veri, è stata la prima osservazione che mi ha fatto l’editore. Mi ha fatto i complimenti per la freschezza, per l’originalità e poi mi ha chiesto se volevo tenere tutti i nomi e cognomi delle mie ex

Mi dice che ha sentito alcune ex per rinfrescare certi ricordi, alcune gli stanno scrivendo e lo stanno chiamando perché hanno saputo del libro.

Potrei fare un raduno di ex?

Il primo fan-club strutturato come numero di iscritti lo ha curato lui per il grande fratello-Liga ed è diventato nel giro di pochi anni il più numeroso di Italia.

I tuoi avevano una balera, il Tropical, dove passavano musicisti che poi sono diventati grandi. Sei rimasto in contatto con qualcuno di loro?

Sai, ricordo poco, ero piccolissimo, intorno ai 5 anni. Ma dopo, una volta cresciuto ho avuto modo di conoscere bene Guccini, Mingardi, i Nomadi

Foto: Maurizio Bresciani

Nel libro citi la mitica osteria Da Vito, in via Paolo Fabbri a Bologna

Bellissima, in certi anni spesso Francesco Guccini era a cena lì, e poi Lucio Dalla, poi arrivavano altri amici musicisti ed era bellissima questa sensazione: la gente mangiava due cappelletti e ascoltava buona musica.

C’è un passo molto bello nel libro che mi ha colpito, racconti che sulla spiaggia di Ravenna con un tuo amico sei rimasto affascinato da due ragazze con l’accento toscano…

Sì, ricordo quel momento, due ragazze che ci davano corda, io e il mio amico sembravamo due eroi con la chitarra. Quando le ragazze hanno cominciato a parlare con quell’accento che per noi era una novità assoluta… Un accento che ci è piaciuto tantissimo sia perché il momento era magico sia perché l’accento toscano è molto simpatico. Era tutto perfetto in quel momento.

Hai suonato a Livorno?

Ci sono stato alcune volte. Nel 2013 quando ero partito col mio progetto da solista, da cantautore. Il primo concerto l’ho fatto al The Cage. Ma c’ero stato anche anni prima, con un concerto curato da Radio Bruno Estate. Ero con i Rio che era la mia band.

Cosa ti piace di Livorno oltre all’accento?

Di Livorno ho bellissimi ricordi perché venivo per prenderci la nave quando dovevo andare in Sardegna dalla mia ragazza che poi è diventata la madre di mia figlia Viola che adesso ha 14 anni. Ho anche un po’ di amici e qualche fan che ogni tanto mi scrive. Ho conosciuto Bobo Rondelli ed Enrico Nigiotti, mi sono trovato benissimo con loro. Bobo lo seguo dai tempi dell’Ottavo Padiglione.

Canticchia “ho battuto la testaaaa” e mi saluta chiedendomi se conosco qualche libreria per fare la presentazione di questo suo primo libro. Librai, fatevi avanti. E lo ospitiamo a Livorno!

(Nel salutarlo vi assicuro che non gli ho detto “Salutami tuo fratello!”).


Sandra Mazzinghi è una giornalista, appassionata di letteratura e arte fotografica. Autrice di tre romanzi, le piace curiosare nella vita dei grandi personaggi. Ha un ufficio stampa che si occupa di promuovere eventi culturali.

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