
- di Patrizia Caporali:
TORINO – Uno splendido edificio liberty che, all’inizio degli anni Duemila, ha riacquistato l’originario charme dopo un lungo periodo in cui è stato ricordato e talvolta evitato per quell’aspetto inquietante causato dalla memoria cinematografica.

È il 1973 quando Dario Argento rivela la sua predilezione per Torino girando a Villa Scott uno del classici del cinema horror, “Profondo Rosso“, e la patina d’orrore è tale che l’immaginario comune fatica ad allontanarla per molto tempo, perché nel film l’edificio gioca un ruolo fondamentale: proprio qui si cela la chiave per la soluzione del mistero.
Nel suo ammaliante aspetto di villino d’inizio secolo, invece, non è altro che una innocua residenza privata, progettata dall’ingegnere Pietro Fenoglio e voluta da Alfonso Scott, il ricco amministratore delegato della Rapid, azienda automobilistica torinese, oggi scomparsa dal panorama industriale. Dopo la morte di Scott, la casa diventa la residenza delle Suore della Redenzione e viene adibita a collegio femminile, prendendo il nome di Villa Fatima; quando iniziano le riprese, suore e ragazze vengono trasferite a Rimini per un periodo di villeggiatura.

Incastonata sulla collina torinese nella raffinata quiete del quartiere di Borgo Po e quasi nascosta tra la vegetazione, l’imponente casa gialla è uno splendido esempio di fusione tra le caratteristiche del Liberty e la tipicità degli elementi neobarocchi; la struttura dalla pianta assai articolata è arricchita da tanti ricercati dettagli, come il trionfo di logge, le finestre ad arco, i bow-window centrali, le vetrate decorate a tema floreale. E non solo, la grande competenza di Fenoglio è riuscita a sfruttare al meglio i ventiquattro metri di dislivello che separano il cancello di entrata dal limitare del giardino superiore, creando un’elegante scalinata proprio davanti all’ingresso principale.

Oggi, a più di quarant’anni dall’uscita del film, Villa Scott detta anche la villa del bambino urlante, conserva tutto il suo fascino e ancora attira molti visitatori che tentano di riassaporare l’antico brivido che Dario Argento era riuscito magistralmente a trasmettere. Tuttavia, essendo proprietà privata e dunque non visitabile all’interno, bisogna accontentarsi di sbirciarla dalla strada, cercando di cogliere ciò che gli alberi, lasciati crescere intenzionalmente dai proprietari, consentono di vedere e magari immaginando di camminare da protagonisti nella lugubre atmosfera del film.
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