
- di Patrizia Caporali
FIRENZE – Rievocazione latina o deformazione linguistica? Chissà per quale motivo i fiorentini da sempre spostano l’accento dall’ultima alla prima sillaba e pronunciano Trìnita anziché Trinità? Non esistono molte spiegazioni, ma una sola grande certezza: la bellezza disarmante e la singolare eleganza caratterizzano il Ponte di Santa Trìnita in modo inequivocabile.
Incerta anche la paternità, non sappiamo se l’opera è da attribuire a Michelangelo o all’Ammannati; qualcuno afferma che il progetto sia di Michelangelo, mentre l’Ammannati sembra si sia occupato della costruzione.

Certo, il Ponte ha un fascino unico reso forse da quei piloni collocati a distanza non eguale tra loro o forse dall’austera raffinatezza delle quattro statue allegoriche che simboleggiano le stagioni e collocate agli angoli del ponte nel 1608, in occasione delle nozze di Cosimo II de’ Medici e Maddalena d’Austria.
Particolarmente emblematici sono anche i due stemmi posti sulle arcate centrali del ponte: sono due enormi teste d’ariete, una guarda a monte e l’altra a valle del fiume.
E l’ariete, simbolo guerriero, sembra collocato a guardia di eventuali pericoli: quello rivolto verso il Ponte Vecchio guarda verso il Casentino, da dove sono arrivate sempre le drammatiche alluvioni dell’Arno, l’altro, rivolto verso Ponte alla Carraia, guarda ancora più lontano, verso le minacce dal mare, in particolare verso Pisa, nemica storica di Firenze.

Costruito in legno nel 1200, è collocato appunto tra il famoso Ponte Vecchio e il Ponte alla Carraia e va a unire piazza Santa Trìnita con piazza de’ Frescobaldi. Distrutto una prima volta sotto il peso della gente che assiste a una manifestazione sul fiume, poi per due volte dalla piena dell’Arno e ricostruito in pietra di colore bruno giallognolo, viene infine abbattuto dai tedeschi nel tentativo di fermare l’avanzata degli Alleati.
Tutte le statue, cadute nel fiume a causa del crollo del ponte, vengono recuperate durante la ricostruzione; solo la testa della Primavera rimane sott’acqua per diciassette anni. Ripescata casualmente da un renaiolo nel 1961, ritrova la sua collocazione sulla statua rimasta acefala per così tanto tempo, a ornamento di un luogo davvero ricco di fascino e simbolo di innovazione.
Attraversare il Ponte di Santa Trìnita è come attraversare la storia di Firenze, perché da qui ci sono passati soldati, dame e cavalieri, preti, vescovi e papi, artisti del calibro di Michelangelo, Leonardo e Raffaello.
È simpatico ricordare come ogni 11 novembre, in ricorrenza di San Martino, dai primi decenni del ‘900 sul ponte si celebrava la fiera dei trabiccoli, una strana grande gabbia a forma di cupola sotto la quale c’era un gancio, al quale si appendeva uno scaldino per asciugare panni e lenzuola o per riscaldare le case fredde e umide dei fiorentini. Una fierucola semplice, popolare, ma straordinaria, fatta di piccolo commercio e artigianato povero, animata da una folla festosa e dai coloriti richiami dei venditori.
Oggi rimane solo il ricordo di un periodo così pittoresco del passato e la spettacolarità di un’opera bellissima che si mostra differente e magica ogni volta, in ogni momento del giorno e della notte, in ogni stagione dell’anno.
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