Gaiola, l’isola maledetta nel cuore del Golfo di Napoli

Un piccolo gioiello formato da due isolotti

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Foto generica. Di Pexels da Pixabay
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  • di Patrizia Caporali

NAPOLI – Nel cuore del Golfo di Napoli, a soli 30 metri da Posillipo, c’è un luogo speciale, un piccolo gioiello formato da due isolotti che quasi sembrano tenersi per mano, grazie al caratteristico ponticello, simile a un vero e proprio arco naturale.

Siamo all’Isola della Gaiola, dal latino cavea, letteralmente piccola grotta, in napoletano caviola, un posto tanto affascinante quanto maledetto, poiché l’isolotto maggiore ospita una villa costruita nella seconda metà dell’Ottocento, palcoscenico di una sfortunata serie di eventi.

La Villa sventurata

Qui, si dice, già aleggiava un’ombra di sventura in un passato ben più remoto, addirittura dall’epoca di Virgilio che la leggenda dice vi aveva istituito una scuola di arti magiche, dove insegnava riti e pozioni di ogni tipo, in grado di originare un forte maleficio ai danni di chi si fosse trattenuto lì per lungo tempo.

Un’altra storia racconta anche che, proprio ai tempi dei romani, sull’isola abitava il liberto Publio Vedio Pollione, un uomo misterioso del quale sappiamo che amava le murene, le allevava in vasche scavate nel tufo e, di tanto in tanto, le nutriva con qualche schiavo.

Leggenda? Pura fantasia? Chissà? In effetti, se andiamo a considerare tutti le circostanze luttuose a cui l’isola ha fatto da cornice a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, forse la storia non è poi così infondata.

Eventi sfortunati

Con la decadenza dell’impero romano la splendida villa di Pollione viene abbandonata e per secoli non si sa più nulla. Solo nel 1820 Guglielmo Bechi, un toscano appassionato di archeologia, riporta alla luce l’antica dimora e ne fa la propria residenza, battezzandola Villa Bechi che prenderà il nome di tutti i personaggi, più o meno illustri, che successivamente ne acquisteranno la proprietà.

La serie di sfortunati eventi inizia prima con episodi meno drammatici come il fallimento di Luigi De Negri, affittuario della villa e capo della società di Pescicultura del Regno d’Italia del Mare di Posillipo, poi con Gaspare Alberga, capitano di vascello che, per far vedere la costa della Gaiola alla marchesa Boccardi Doria, fa incagliare l’incrociatore corazzato San Giorgio sulla secca della Cavallara.

Ma è attorno al 1920 che si delinea più decisamente l’ambigua maledizione. Il proprietario dell’isola, un certo Hans Braun, viene trovato assassinato; poco tempo dopo sua moglie muore per annegamento in mare. Il proprietario successivo, Otto Grunback, muore di infarto, così come all’improvviso muoiono suicidi tutti i proprietari che si avvicenderanno sull’isola.

Nel 1960 il barone tedesco Paul Karl Langheim va in bancarotta dopo aver sperperato tutto il suo patrimonio per promuovere nuove attività alla Gaiola, allo scopo di alleggerirne il pesante clima che si era venuto a creare.
Durante il suo soggiorno, anche Giovanni Agnelli vive molti tragici lutti in famiglia, finché non vende la villa a Paul Getty, magnate del petrolio, al quale viene rapito il figlio dalla ‘ndrangheta che viene liberato con un riscatto di 17 milioni di dollari.

Nel 1978 Gianpasquale Grappone, creatore del Loyd Centauro, travolto dai debiti, viene incarcerato e la villa va all’asta proprio quando sua moglie muore in un incidente stradale.
Insomma, l’Isola della Gaiola sembra veramente jellata e oggi, forse per motivi scaramantici, è del tutto disabitata perché, come affermava il grande Eduardo De Filippo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”.

Un’attrattiva turistica

Tuttavia continua a essere una meravigliosa attrattiva turistica per i suoi pittoreschi paesaggi, per tante bellezze archeologiche e anche per quell’alone di mistero che incuriosisce e spinge tanti coraggiosi turisti a visitarla. Certo, considerati i remoti episodi funesti, trovarsi sull’isola di notte, magari con il vento e il fragore del mare in tempesta, anche i visitatori più audaci potrebbero rimanere sconvolti!

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