
Pubblicato ore 14:00
- di Glauco Fallani
Torna nelle nostre sale il grande Steven Spielberg con l’attesissimo remake da “West Side story” il kolossal hollywoodiano ispirato al musical di Broadway del 1957 (dal libretto di Arthur Laurents, parole di Stephen Sondheim e musiche del grandissimo Leonard Bernstein) che nell’edizione del 1961 stupì tutti battendo ogni primato ed aggiudicandosi ben 10 premi oscar. Un record che è rimasto imbattuto per decenni.
“Il sogno dell’infanzia che si realizza. Quella musica non se n’è mai andata davvero via dalla mia testa. Ora sono riuscito finalmente a portare a compimento quel sogno, a mantenere quella promessa che avevo fatto a me stesso. Prendere un capolavoro e rivisitarlo da un’altra prospettiva e con un’altra sensibilità . . . era qualcosa che faceva tremare i polsi”. Così ha dichiarato lo stesso Spielberg in un’intervista riportata dall’ANSA; e quando un regista del suo calibro si apre in questo modo, vedere il film diventa imperativo.
Si comincia con un piano sequenza di un paio di minuti caratterizzato da sapienti movimenti di macchina e riprese a volo d’uccello sul vetusto quartiere la cui condanna è già segnata. Da lì a poco, infatti, verrà demolito per fare spazio ad una rigenerazione urbana atta a dare vita ad un agglomerato del tutto nuovo: il Lincoln Center. Che fine faranno coloro che abitano la zona? E le due bande rivali (i Jets, formata da polacchi e caucasici bianchi e gli Sharks da immigrati portoricani) che se ne contendono il controllo?
Pochi, pochissimi i personaggi chiave in una sceneggiatura efficacemente ambientata negli anni ’50 ma dalla chiara impronta shakespeariana dove non ci si fa mancare neanche la scena del balcone. In una storia che si dipana nell’arco temporale di due giorni, sono presenti due fazioni divise da un odio profondo e c’è Maria (Rachel Zegler con la sua voce melodiosa), giovane fanciulla portoricana destinata chiaramente a riporta in vita la figura che Shakespeare mise insieme per Giulietta. Chi può essere, allora, Tony (Ansel Elgort) se non Romeo? Poi c’è Riff (Mike Faist) fraterno amico di Tony che ha preso le sue veci come capo della banda mentre lui si era fatto un annetto di galera, c’è Bernardo (David Alvarez), promettente pugile nonché fratello di Maria e orgoglioso capo della gang portoricana, c’è Cino (Josh Andre’ s Rivera), promesso sposo per Maria e c’è Anita (Ariana De Bose) ragazza di Bernardo nonché straordinaria ballerina, quindi ci sono dei coltelli e c’è un revolver che cambia più volte di mano. Si è mai visto girare così tanto una pistola carica senza che, prima o poi, qualcuno non la usi?
Ecco, tutti gli ingredienti sono in campo: siamo tra gli isolati diroccati del West Side dove Manhattan, pur essendo a qualche fermata di subway, non appare più reale di un miraggio ed il dramma è già pronto per la scena, ma questa volta il finale sarà diverso. E allora? Dirà il nostro lettore, vista così la storia non promette che qualcosa di risaputo. Questo è un musical, signori miei: la storia può anche essere banale purché capace di mettere in moto un apparato in grado di costruire le emozioni.
Efficacissime coreografie messe in atto da un corpo di ballo di primordine nel quale su ogni altro spicca la bravura di Anita. Musiche originali di Bernstein che da sole sono più che una garanzia, voce melodiosa e strabiliante di Maria e, a controllare il tutto, la regia di uno Spielberg (Lo squalo, E.T., Indiana Jones, Jurassic Park, Schindler list, Minority Report, War horse, Lincoln e molte altre pietre miliari per qualità e per incassi) in gran vena capace di amalgamare il tutto in un’autentica alchimia grazie a movimenti di macchina sapienti e altamente spettacolari: riprese dal basso per dare monumentalità ai gruppi di danzatori in movimento, riprese dall’alto per dare l’idea d’insieme del Bario Venti destinato ad esser demolito, dettagli sui pantaloni a vita alta dei ragazzi e sull’ammiccante svolazzare di gonne anni ’50 atti a mettere in risalto le lunghe gambe delle belle ballerine.
Godibilissima la scena del ballo in strada sulle note di “Mi piace stare in America” (“America”) che dopo una serie di movimenti coreografici di primordine finisce col concludersi in uno stretto primo piano su due labbra che si baciano.
“Maria: dillo ad alta voce ed è musica, dillo a bassa voce ed è quasi una preghiera” canta Tony nel momento in cui s’innamora” . “Vuoi che scoppi la terza guerra mondiale?” si sente dire in un altro momento cruciale. Beh, la storia continua a ripetersi nei secoli senza stancare mai. Se si tratta di amore, di vero amore non c’è forza in grado di impedirne l’attrazione. “Quando l’amore arriva così potente non c’è giusto o sbagliato” cantano Maria, portoricana e Tony di origine polacca. E, ancor prima, quando lei si accorge che la sua passione si va indirizzando su un “diverso” se ne esce con un: “Tu sei . . .” pieno di stupore, per subito correggerlo con un “Tu sei . . . alto”.
È l’amore a metterle sulle labbra questa correzione, l’amore che, si sa, è sempre stato cieco. Di fronte a lei non c’è un odiato polacco bianco ma solo un bel ragazzo alto del quale già si sente pienamente innamorata.
Dunque da non perdere: “West Side story” un grande spettacolo proiettato in questi giorni al The Space di Livorno.
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