
- di Gianluca Donati
Pochi giorni fa, è morto a Roma, il regista Bernardo Bertolucci, forse l’ultimo grande maestro del cinema italiano. Nella sua lunga carriera, ci ha regalato grandi capolavori come “Novecento” (1976) e “L’ultimo imperatore” (1987), film che conquisterà ben 9 premi Oscar, compreso quello alla miglior regia (unico regista italiano nella storia che è riuscito a vincere in questa categoria).
Ma il film che l’ha reso celebre in Italia e nel mondo, è stato lo scandaloso “Ultimo tango a Parigi” (1972), ed è parlando di quest’opera che noi desideriamo onorare la sua memoria.
Lo scandalo
Paul (Marlon Brando), un uomo di mezz’età, disilluso dalla vita e disperato dal suicidio della propria moglie con la quale gestiva uno squallido alberghetto, incontra casualmente in un appartamento vuoto Jeanne (Maria Schneider), una giovane donna, con la quale ha un improvviso e rabbioso amplesso. I due decidono di iniziare una relazione surreale esclusivamente fondata su rapporti intimi, ignorando tutto dell’altro partner, nomi e dati anagrafici compresi, e cercando di trovare nel sesso liberatorio, l’unica risposta plausibile al conformismo del mondo circostante. La relazione diverrà via via sempre più assurda fino a terminare in tragedia.
“Ultimo tango a Parigi” è stato un enorme successo di pubblico e ha provocato uno scandalo clamoroso per le sue scene molto erotiche e per i suoi messaggi dissacratori nei confronti dei valori tradizionali dell’epoca. Tagliato,
sequestrato e messo al rogo, successivamente riabilitato e ridistribuito nelle sale e in TV (Bertolucci stesso
ne aveva conservata clandestinamente una copia).
La trama
In realtà le scene erotiche, pur intense, sono sporadiche e inserite in una storia drammatica ben costruita e ricca di contenuti. Dopo i titoli di testa su due dipinti di Francis Bacon, il film si apre con una sequenza memorabile: Paul è inquadrato di spalle, dall’alto, avvolto nel suo cappotto di cammello, mentre si ode il frastuono d’un treno che sta passando sopra di lui nella soprelevata; si porta le mani sulle orecchie e la cinepresa piomba rapida con un movimento improvviso che si stringe sul suo viso ritorto verso l’alto mentre emette un urlo sordo: ma a lacerarlo non è il rumore del treno, ma la disperazione interiore di una tragedia che lo spettatore ancora non conosce.
Dopo questo inizio, il film si sviluppa attraverso un sapiente montaggio alternato fra tre diverse narrazioni che procedono parallelamente: da una parte seguiamo il tormento di Paul vedovo, che vorrebbe capire cosa abbia spinto la moglie Rosa al suicidio. Dall’altra parte, la relazione sentimentale tra Jeanne e Tom (Jean-Pierre Léaud) un giovane regista cinematografico con il quale sta girando un film artigianale, e del tutto ignaro degli incontri amorosi di Jeanne con Paul. Il terzo filone narrativo, vede Paul e Jeanne che s’incontrano esclusivamente nell’appartamento e dove consumano rapporti sessuali.
Ribellione al conformismo
Le convinzioni comuniste di Bertolucci, si esplicano, in un feroce attacco a tutte le convenzioni morali borghesi e capitaliste; sia Paul che Jeanne si ribellano al conformismo (siamo all’indomani del Sessantotto e nel film, sullo sfondo, v’è anche il tema razziale ereditato dal passato colonialista della Francia), e s’illudono di trovare nel puro sesso liberatorio, una forma catartica. Come nella famosa “scena del burro”, quando Paul, sodomizzando Jeanne, la obbliga a ripetere con lui delle frasi contro la famiglia e la morale. Oppure quando Paul riceve la visita della suocera, venuta a seppellire la figlia, e lui le grida che non vuole vedere preti al funerale, perché Rosa non era credente e i
suicidi non sono ammessi in Chiesa.
Parallelamente, scopriamo che il padre di Jeanne era un colonnello dell’esercito e lei, senza rendersene conto, è rimasta ancora influenzata da questa figura paterna, dalla quale vorrebbe emanciparsi, ma al tempo stesso ne è ancora legata, al punto d’illudersi di rivederla nel fragile Paul.
Ultimo tango
Ciò che tormenta Paul è il non essere mai riuscito a capire realmente chi fosse la moglie, che aveva una relazione con Marcel (Massimo Girotti) pensionante del loro alberghetto.
Ed è per queste ragioni che Paul si ostinerà a porre a Jeanne la condizione di restare tra loro eterni sconosciuti. Jeanne, infatuata dal mistero dell’uomo, vuole scoprire chi realmente sia lui, ma proprio quando egli si decide a rompere con il passato e iniziare una normale relazione con lei, prestandosi a presentarsi per quel che è, subito, tutto diventa squallido: il lavoro di Paul, la sua proposta di andare a vivere in campagna, il locale dove si ubriacano e ballano quell’ultimo tango premonitore della tragica fine che incombe.
Interamente ambientato in una cupa Parigi resa magnificamente dalla bellissima fotografia di Vittorio Storaro, il film vinse diversi premi, tra i quali due nomination agli Oscar.
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