Ciak Vintage: “Rope”, la modernità di Hitchcock

Il film rappresenta una perla della cinematografia

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I due protagonisti John Dall e Farley Granger
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  • di Irene Coluccia:

La nostra rubrica di film cult non può proseguire senza chiamare in causa uno degli Intoccabili, uno dei nomi più celebri e influenti della storia del cinema. Ebbene sì, stiamo parlando proprio di Alfred Hitchcock, colui che di cult aveva praticamente già il nome e l’aspetto fisico. Per continuare però, anche il mio percorso di analisi di film della “diversità”, vorrei oggi parlarvi di uno dei suoi lavori forse meno conosciuti al grande pubblico, ma, a mio parere, una vera e propria perla della cinematografia del regista britannico. Stiamo parlando di Rope (Nodo alla gola), titolo del lontano 1948 con James Stewart, John Dall e Farley Granger.

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La locandina del film con James Stewart

Come diventa cult questo film? Innanzitutto per l’estrema contemporaneità. Rivedendolo ad oggi, il film non perde un centimetro di presa, facendo invidia a registi più contemporanei quali Allen o Polanski. Poco prima di un ricevimento nel loro appartamento a New York Brandon Shaw e Phillip Morgan, due ricchi e viziati coinquilini, nel corso di una lite uccidono strangolandolo con una corda l’amico David Kentley, giunto in anticipo all’appuntamento, e ne nascondono il corpo in un baule antico sul quale, per evitare che possa essere aperto, viene preparata la tavola per il party. Viene invitato alla festa anche Rupert Cadell (James Stewart) ex professore dei due e appassionato ricercatore dei concetti filosofici di bene e male, il quale porterà i due omicidi alla confessione, il film entra nell’Olimpo dei cult nonostante le tiepide recensioni, soprattutto per la tecnica con il quale è stato girato. Si compone infatti di soli 11 piani sequenza, montati tra loro in modo da apparire come un’unica ripresa e seguendo quell’idea di cinema-verità promossa dai registi francesi della Nouvelle Vague e della Rive Gauche.

Inoltre, Hitchcock dimostra ancora una volta la sua furbizia e la sua intelligenza, rappresentando a tutti gli effetti una delle prime coppie conviventi omosessuali, ma senza giustificare nulla, dimostrando, lo ripeto ancora, una modernità e un’apertura culturale e narrativa sconvolgente. Lo stesso modus operandi del girato rappresenta l’unione tra i due, in un regime scopico di desiderio e sguardo, tra loro intimamente e indissolubilmente legati.

Lunga vita dunque, al cinema del buon vecchio Hitch, che in una delle epoche più oscurantiste dell’industria americana (quella della censura del Codice Hayes), e tramite una storia ai limiti del macabro e del disturbante ci mostra, ancora una volta un esempio di altissimo cinema, da rivedere all’infinito.

 

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