Ciak Vintage. Olympia, film sulle Olimpiadi di Berlino

L'opera possiede un incredibile valore artistico - espressivo

Un'immagine tratta da Olympia. Il tedoforo che accende la fiaccola
Un'immagine tratta da Olympia. Il tedoforo che accende la fiaccola
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  • di Gianluca Donati

Il documentario Olympia (1938) di Leni Riefenstahl si apre su delle sculture elleniche riprese magistralmente con inquadrature imponenti, movimenti morbidi della macchina da presa e fotografia in bianco e nero d’impressionante bellezza, sulle note possenti della colonna sonora di Herbert Windt e Walter Gronostay.

L'immagine del lanciatore del disco con i muscoli tesi nel film Olympia
Il lanciatore del disco nel film Olympia

Poi lentamente con un effetto di dissolvenza incrociata, una scultura figurante un atleta maschio (lanciatore del disco), si tramuta come per incanto in un uomo in carne ed ossa, in posa plastica, nudo, eccetto che per un perizoma, che in rallenti, prende la rincorsa e lancia il disco.

Con questo geniale escamotage, la Riefenstahl allude ai tedeschi degli anni Trenta come eredi naturali degli antichi greci. Pur trattandosi di un documentario, l’opera possiede un incredibile valore artistico – espressivo. E poiché si tratta della documentazione delle reali Olimpiadi di Berlino del 1936 – durante cioè la dittatura hitleriana – il film assume un senso propagandistico filonazista.

Curiosamente, ho potuto scoprire la Riefenstahl, grazie al programma televisivo Fuori orario. Cose (mai) viste, di un intellettuale innegabilmente “di sinistra” come Enrico Ghezzi.

Il film fu presentato alla Mostra del cinema di Venezia, dove ottenne un buon successo e vinse il premio “Coppa Mussolini” ex – equo con Luciano Serra pilota di Goffredo Alessandrini, ma soprattutto, nel 2005, sulla rivista Time i critici, hanno inserito Olympia tra i 100 più grandi film della storia.

La regista Leni Riefenstahl
La regista Leni Riefenstahl

Molte le sequenze indimenticabili – oltre l’inizio sopraccitato – come quella nella quale il tedoforo è accanto ad una colonna marmorea dalla quale si erge un fuoco vivo, ed egli vi attinge la fonte con la teda (la fiaccola cerimoniale per il trasporto della fiamma olimpica), per poi iniziare la sua corsa dove la teda passa di mano in mano come vuole la tradizione.

Oppure la scena della maratona dove grazie a un uso sapiente del montaggio e d’inquadrature di dettagli, il film riesce a riassumere in pochi istanti la fatica della corsa. O La scena della scherma dove i duellanti sono mostrati allusivamente attraverso le loro ombre.

La parte più bella, resta comunque quella dei tuffi acrobatici dai trampolini, dove fotografia, inquadrature e montaggio enfatizzano l’azione a tal puto da far sembrare gli atleti degli dei. Per potenziare l’effetto, la regista inserì nel montaggio delle brevi inquadrature, dove l’azione viene mostrata al contrario, ovvero i tuffatori, dall’acqua risalgono miracolosamente verso il trampolino, ma il tutto avviene in modo quasi subliminale dando l’impressione che gli atleti siano capaci di volare.

Sul piano ideologico, il film appare un’esaltazione della bellezza, della forza, della volontà, della resistenza e della natura, con reminiscenze neopagane che rimandano al mito superumanistico di Nietzsche.

La locandina del film Olympia-Festa dei popoli
La locandina del film Olympia-Festa dei popoli

Tuttavia va detto a difesa della Riefenstahl che nel film queste qualità sono riconosciute in tutti gli atleti di tutte le nazioni e razze; sono poi entrate nella leggenda le scene nelle quali l’afroamericano Jesse Owens sconfigge al salto in lungo l’atleta tedesco, vincendo una delle sue quattro medaglie d’oro e la cinepresa per un attimo inquadra l’espressione di disappunto mostrata da Hitler, inquadratura che potrebbe rivelare il dissenso della Riefenstahl sulle dottrine naziste sulla supremazia razziale.

Olympia è diviso in due parti, Olympia – Festa dei popoli (123 minuti) e Olympia – Festa di bellezza (94 minuti), per un totale di 217 minuti, ma difficilmente si trova in DVD questa versione integrale, in quanto all’epoca ne furono allestite diverse edizioni per l’estero.

La versione pensata per l’Italia manca di ben 26 minuti, e confrontando le due versioni emerge un fatto molto curioso: nella versione italiana s’intravedono per un attimo da lontano gli atleti maschi di spalle, nudi, che si tuffano in un lago, dopodiché appare evidente a un occhio cinefilo esperto, un brusco “salto” molto fastidioso; nella versione tedesca, le scene di nudo maschile degli atleti sono molto più presenti ed esplicite, un tripudio di nudismo sbalorditivamente audace per gli anni Trenta che ci aiuta a capire la natura paganeggiante della Germania nazista in polemica con la morale cattolica predominate nell’Italia fascista o nel puritanesimo Usa.

Ma aspetto ancor più controverso sono le sequenze nelle quali gli atleti maschi si fanno la doccia insieme, e si lavano le schiene reciprocamente sorridenti, scene inequivocabilmente omoerotiche, le quali ci fanno riflettere sulle contraddizioni nel nazismo in bilico tra estetiche omoerotiche (evidenti anche nell’arte scultorea del periodo) e la persecuzione sistematica dei gay da parte della dittatura.

Alcune scene di Olympia sono state usate dalla band tedesca Rammstein nel video della canzone Stripped.

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