Ciak Vintage. “9 settimane e ½”, un cult nonostante le critiche

Alcune scene sono diventate un mito

9 settimane e ½
Kim Basinger in "9 settimane e ½"
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  • di Gianluca Donati:

Questa settimana per la rubrica Ciak Vintage, mi prodigherò per difendere un film e un regista che da sempre sono stati accusati di essere “commerciali”: mi riferisco a “9 settimane e ½” di Adrian Lyne. Certamente essendo particolarmente appassionato di tutto ciò che riguarda gli anni 80, sono ovviamente di parte, anche perché questo film del 1986, interamente girato a New York, è narrativamente e stilisticamente quanto più di significativo dello spirito di quel decennio.

9 settimane e ½
Kim Basinger e Mickey Rourke

New York. Elizabeth McGraw (Kim Basinger) è un’impiegata presso una galleria d’arte, che sta organizzando la mostra di Farnsworth, un anziano pittore introverso di provincia, poco attratto dal rumore della vita urbana. Un giorno incontra casualmente John Gray (Mickey Rourke) un giovane arbitraggista di Wall Street. Tra i due inizia una relazione torbida fatta esclusivamente di frenesie sessuali, in risposta alle frustrazioni della vita yuppie. Elizabeth subisce una regressione quasi adolescenziale, finché la galleria d’arte s’accorge dell’eccesso di distrazione e confusione mentale della protagonista. Per cercare di riprendersi e controllare i propri istinti, Elizabeth incontra il pittore Farnsworth, che compie un percorso di vita inverso al suo, e così ricomincia a darsi da fare per la mostra. La donna capisce che ogni limite con John è stato superato, e decide di rompere la relazione con il seducente amante e se ne torna in lacrime a fare la gallerista.

nove settimane e ½Alla sua prima uscita negli Stati Uniti incassò solo 7 milioni di dollari al botteghino, ma con i successivi passaggi in TV e in home video, il film e i suoi protagonisti sono diventati un culto. Molte critiche furono negative e il film ricevette tre nomination ai Razzie Awards (peggiore attrice protagonista, peggiore sceneggiatura, peggiore colonna sonora). Eppure “9 settimane e ½” non è semplicemente un film erotico. Alcune scene sono diventate un mito, come la sequenza nella quale John benda gli occhi di Elizabeth e le passa sul corpo nudo un cubetto di ghiaccio, oppure quella nella quale sempre a occhi chiusi, Elizabeth deve assaggiare vari cibi e bevande imboccata da John, oppure, la più celebre di tutte, lo spogliarello della Basinger in controluce sulle note di “You Can Leave Your Hat On” al suono della voce roca di Joe Cocker.

Ma come spesso accade con il cinema, ciascuno tende a vedere in un film solo ciò che vuole vedere; nonostante il contenuto trasgressivo, il film pone una riflessione etica ed è una critica allo spirito perverso del fenomeno dello yuppismo, che con tutte le sue nevrosi prometteva però emozioni sovreccitanti, e la triste colonna sonora di Jack Nitzsche lo sottolinea bene.

Elizabeth è combattuta tra due mondi opposti, quello dell’arte di cui si occupa con la sua galleria e quello della finanza, il mondo di John che nevrotizza anche la sessualità, un mondo di cui paradossalmente lo stesso John è insofferente. Il personaggio del pittore Farnsworth è contraltare alla figura di John e qui giocano un ruolo importante, fotografia e scenografia: l’abitazione di John, oltre ad essere ripresa sempre con luci fredde, è arredata in tipico stile yuppie, con un design asettico e modernista; le stanze appaiano quasi vuote: grandi spazi con pochi oggetti distaccati tra loro e un senso di maniacale pulizia e ordine razionalista, tiranneggiano l’intero ambiente, così come dentro agli armadi, i vestiti eleganti tutti uguali.

9 settimane e ½Tutto il contrario della casa di provincia del pittore Farnsworth, in mezzo alla natura, tra luci calde e strapieno di oggetti (molti dei quali inutili), disordinatamente sparsi ovunque; qui gli spazi liberi sono quasi assenti: la vita di John è “vuota”, come la sua abitazione, i suoi sentimenti sono aridi e degenerati in emotività impulsiva, la sessualità perversa sono un surrogato dell’amore, mentre la vita di Farnsworth è “piena” come la sua casa. Da una parte i soldi e il sesso, dall’altra l’arte e la meditazione; il mondo del materialismo edonista contrapposto a quello dello spirito. E non è un caso che proprio dopo l’incontro tra Elizabeth e Farnsworth, la sua relazione con John – già fragile – cominci a incrinarsi, spingendo la donna a rifiutare i giochi erotici sempre più assurdi propositi da lui, fino alla rottura finale.

Ma la critica del regista non è “moralistica”; non nasconde l’attrattiva del piacere e si diverte a criticare lo yuppismo usando paradossalmente una fotografia patinata e un montaggio pubblicitario, prendendo cioè a prestito l’estetica con cui si serve la propaganda consumistica. L’atmosfera del periodo è evocata anche dalla colonna sonora, che oltre al già citato Joe Cocker, comprende brani di Stewart Copeland, John Taylor dei Duran Duran, Devo, Winston Grennan, Lisa Dalbello, Luba, Corey Hart, Bryan Ferry, Eurythmics, Jean Michel Jarre. Il film inoltre ebbe un sequel e un prequel/spin-off, usciti entrambi per il solo mercato home video: “9 settimane e ½ – La conclusione” nel 1997, e “La notte dei sensi”, nel 1998, entrambi non degni di nota.

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