Tra tradizione e contemporaneità: la mostra di Keane alla OXO Gallery a Barga

In esposizione le maestaine cioè le edicole o cappelle votive in Garfagnana

Esempio di maestaine. Foto: Keane
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 Pubblicato ore 14:00

  • di Jacopo Suggi

BARGA – Barga, posta tra la valle del Serchio e le montagne della Garfagnana, è insignita del titolo di uno dei borghi più belli d’Italia. Le sue bellezze naturalistiche e culturali hanno attirato nel tempo una vivace comunità artistica. Interessata però anche da continui flussi turistici, l’offerta artistica è finita spesso per scadere nel mercimonio, numerose botteghe espongono pittoresche vedutine e paesaggi, di quelle buone per tutti gli stomaci, che si trovano in ogni borgo toscano rispettabile. L’arte finisce per diventare un piacevolissimo e colorato arredo in mille vetrine.

Fortunatamente si può incappare anche in operazioni artistiche di alto livello, azioni capaci di osare, indagare, stupire o perfino indignare, che nel bene o nel male non lasciano indifferente, agiscono dentro o contro di noi e solo così possono pretendere di essere elevate al rango d’arte. Ne è un esempio la mostra di Keane alla OXO Gallery (via Di Mezzo, 21) intitolata Spiritum e aperta fino al 26 settembre.

 

Foto: Keane

L’intera esperienza di mostra è indotta al raccoglimento: appena varcata la soglia della galleria la porta si chiude dietro il visitatore creando un ambiente estraniato dal cicaleggiare della piazza, che rimane ovattato mentre tutto lo spazio colorato per l’occasione di nero e le luci soffuse concorrono a richiamare un’atmosfera tra cripta e chiesa. L’effetto è voluto, del resto Keane ha deciso di esporre in mostra gli esiti della sua ricerca durata oltre un anno sulle maestaine, tradizione locale devozionale.

Le maestaine è il nome con cui sono conosciute le edicole o cappelle votive in Garfagnana, così chiamate poiché spesso contenenti l’immagine sacra della Madonna. Sono poste nei luoghi dove tradizione vuole siano accaduti episodi miracolosi, scampati pericoli, o su sentieri, strade, incroci e al limitare dei campi, per appellarsi alla protezione divina contro le forze maligne, anche se poi avevano spesso anche scopi squisitamente pratici come quello di segnalare percorsi o limiti territoriali.

Foto: Keane

Ogni giorno le maestaine venivano adornate con fiori freschi colti dai campi dalle donne che con tale offerta si premuravano di invocare la benevolenza divina. Questa tradizione molto diffusa e antichissima, forse addirittura desunta da pratiche pagane, si è lentamente esaurita, ma ancora sopravvive seppur in forme diverse.

Keane è un artista irlandese che ormai da moltissimi anni è integrato nella comunità barghigiana, e questa esibizione non è la prima operazione che conduce a proposito degli usi e costumi della sua terra adottiva, come nel 2019 con la mostra riguardante i pennati, attrezzi agricoli simili a falcetti. Keane ha condotto la sua ricerca con perizia quasi scientifica analizzando questa ritualità, esaminando il fenomeno, sezionandolo e distorcendolo, indagandolo nella sua storicità e nella sua evoluzione moderna.

Affida al mezzo pittorico la sua ricerca sulle composizioni di queste edicole, come serrate nature morte, dove croci, rosari e sgargianti fiori fan da cornice all’immagine sacra. I fiori in particolare hanno un’importanza nodale: un tempo offerta effimera che giorno per giorno doveva essere rinnovata così come l’impegno del fedele davanti a Dio, ora son sostituiti dai loro surrogati in plastica che sfidano l’eternità e disimpegnano l’offerente.

Foto: Keane

Ma l’intera tradizione ha intrapreso questa scorciatoia, la plastica è infatti anche quella dei dozzinali rosari fluorescenti e crocifissi kitsch che vengono posti a ricoprire l’effigie sacra, come in alcune delle opere in mostra, non più con intento dedicatorio, sostiene Keane, quanto come testimonianza del passaggio dell’offerente, oggi piuttosto calatosi nel ruolo di turista, che suggella la ritualità con lo scatto di un selfie, segno dei nostri tempi.

Ancora la moderna e sempre più divina plastica ha permesso alla pittura di Keane di sopravvivere all’intemperie, in un’opera che dipinta su più fogli di nylon, come livelli sovrapposti che si completano, e posta all’esterno del suo studio per mesi come accade alla maestaine, sembra far riemerge un’immagine di fatto recente da tempi immemori. Infine, il suo percorso di ricerca termina con una personale trasposizione di questa remota tradizione.

Le sue maestaine multimateriali, sgargianti e con riferimenti decisamente pop, diventano forse la risposta ideale per una società che ha trasformato una pratica devozionale secolare e altruistica, in un’esperienza egocentrica e autoriferita.

Foto: Keane

Keane rinuncia al costante leitmotiv dell’artista contemporaneo, continuamente convinto che far penetrare il visitatore nel suo mondo, nella sua intimità, sia il fine dell’arte del XXI secolo, dominata da edonismo ed egoismo. Ma l’artista irlandese fa qualcosa di diverso: niente cartoline delle vacanze, ricordi di un passato travagliato o rimembranze dell’infanzia nella terra d’origine, artisti come Keane mostrano che il ruolo che l’arte persegue può essere diverso dal semplice voyeurismo. L’artista può e deve indagare il fatto, grande o piccolo che sia, proprio come fa lo scienziato, ma affrontandolo non con dogmi, bensì con la propria personalità e sensibilità, producendo così espressione e senso all’interno della cornice della propria traduzione stilistica. In più, l’artista barghigiano offrendo il proprio fare e adoprandosi per valorizzare e rinnovare le tradizioni locali, mostra se vi fosse ancora dubbio, come l’artista possa ancora assume un ruolo fondamentale nella comunità.

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