“Tutte le vite di un’esistenza”, il nuovo romanzo di Lorenzo Taccini. “Una storia molto forte”

Docente livornese, amante della musica, autore di poesie, saggi e narrativa

Lorenzo Taccini. Foto: Virginia Giurovich
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Pubblicato ore 14:00

  • di Valeria Cappelletti

LIVORNO – Ha pubblicato due raccolte di poesie, un album di canzoni, un romanzo illustrato dal titolo assai particolare: “Contro la moda, incontro alla morte”; ha una grande passione per la musica in particolare per Fabrizio De André tanto da aver scritto un saggio dal titolo “Le donne di De André”. Ha un gruppo musicale “Lorenzo Taccini e la piccola orchestra”, “con cui suoniamo e facciamo anche spettacoli di accompagnamento culturale” dice.

La copertina

Ha collaborato con varie riviste ed è fresco di stampa il suo secondo romanzo di narrativa: “Tutte le vite di un’esistenza” (CTL Editore Livornese).

Lorenzo Taccini è un giovane docente, attualmente insegna lettere in una scuola media livornese, “vorrei proseguire la mia carriera anche andando a fare l’insegnante di sostegno – mi dice – quindi sto prendendo la specializzazione in questo senso”.

Lo raggiungo telefonicamente per farmi raccontare qualcosa di più su questa sua nuova “fatica letteraria”. Sono rimasta molto incuriosita dal breve testo che mi ha mandato e che accompagna il libro: “Ana è una giovane ragazza russa che sogna di diventare una body artist. Melissa, sua figlia, incarna la realtà del sogno corrotto della madre e ne eredita la dannazione. Il filo rosso che lega le vite delle protagoniste alle loro costellazioni di esistenze, ora attratte, ora respinte, passa da Mosca, Genova, Roma, Marsiglia, Pisa e Firenze tesse la trama di una vertiginosa vicenda ricca di colpi di scena. Il desiderio, la speranza, la perversione, la Bellezza, la decadenza, l’amore e la sconfitta, sono solo alcune tonalità delle sfumature di questa storia. E, infine, ci sono gli uomini“.

Come è nata l’idea del romanzo?

Viene da lontano, sono quasi tre anni che ci lavoro. Tutto è nato perché dopo “Contro la moda, incontro alla morte” volevo rimettermi alla prova con un altro romanzo e posso dire che sono felice del prodotto che è uscito, mi fa un po’ paura perché è un romanzo forte. Se c’è un testo che mi ha dato il la per iniziare a scrivere questa storia, è di certo “Lolita“. Me lo ha consigliato la mia fidanzata dicendomi che sicuramente mi sarebbe piaciuto e ha colto in pieno.

Hai detto che è un romanzo forte. Leggo che è una vicenda ricca di colpi di scena, è un genere che si avvicina al giallo o al poliziesco?

Ci sono sfumature che si avvicinano a questi generi, ma in particolare direi al genere “mystery” perché ci sono vari intrighi che poi vengono svelati. Sono presenti colpi di scena per cuori resistenti, ecco perché dico che è un romanzo forte. In realtà incrocia vari generi, per esempio ci sono anche aspetti fortemente erotici che mettono un po’ di pepe e danno un certo realismo alla storia.

Nel libro parli della Russia, perché?

Foto: Virginia Giurovich

La figura al centro della prima parte del romanzo è una ragazza russa che poi sarà la madre della protagonista della seconda parte. Ho scelto la Russia perché non ci sono mai stato, però mi ispira molto. Ho mischiato degli elementi autobiografici, non personali, ma appartenuti a persone che ho conosciuto e quindi ci sono riferimenti a posti in cui hanno vissuto; e poi perché mi serviva un contesto “chiuso”, un po’ da piccolo mondo antico anche se in chiave post comunista. Poi il contesto di Mosca mi piaceva perché c’è un contrasto tra il carattere ribelle e moderno della ragazza e l’ambiente austero in cui vive. È una storia particolarmente intrigata.

Citi anche Genova, ha a che fare con il tuo legame con De André?

Genova è per me una città molto significativa proprio per ciò che mi lega a De André e quindi ho voluto inserire qualcosa che si legasse al mio vissuto.

La protagonista raggiunge anche Pisa e Firenze, ma non citi Livorno

Sì perché Pisa e Firenze mi consentivano di dare una veste locale perché avevo bisogno comunque di contesti conosciuti bene e ambienti reali, però la scelta di non mettere Livorno è stata volontaria perché non volevo eccedere nell’autoreferenzialismo.

Un tema che tratti nel libro è quello del disagio sociale giovanile, faccio un collegamento con quanto sta succedendo adesso con il Covid che ha accentuato questo stato in molti adolescenti. Secondo te c’è qualcosa che può contrastare tutto ciò?

Sì, credo di sì, ho sempre visto nell’arte un ottimo modo per sfogare il proprio disagio, poi magari per qualcuno è anche smontare e montare un motorino, ma va bene lo stesso. Quello che i greci chiamavano la téchne, la tecnica che diventa la tecnica di costruire una poesia, ma anche qualsiasi altro atto pratico a cui ci si può dedicare con sfogo, è un modo per contrastare il disagio giovanile che oggi vive secondo me proprio della mancanza di riferimenti. La nostra è una società liquida come avrebbe detto Bauman, priva di punti fermi e di possibilità di esprimersi. Dobbiamo lottare anche perché i ragazzi abbiano questa possibilità, però non è facile. Manca anche un buon esempio, qualcuno che dia la spinta. E questo libro vuole essere uno spunto. La mia professoressa alle medie, Susanna Cappellini, bravissima insegnante e direttrice, portò un libro che aveva scritto e questo mi ha sempre ispirato, probabilmente devo anche a lei il fatto che abbia creduto nelle mie potenzialità di scrittore. Mettersi alla prova è un modo per scappare dal disagio.

Poesia, narrativa, poi poesia, saggio e ancora narrativa, hai abbracciato molti generi, ce n’è uno che ti ha messo più in difficoltà?

La narrativa perché richiede un impegno costante, duraturo. Mentre con la poesia è come dare una pennellata, il romanzo è una cosa che ti accompagna per diverso tempo e hai paura che ti sfugga per i tanti impegni, hai paura di cominciarlo e di non portarlo in fondo. Io odio non portare in fondo le cose.

E qual è il genere che senti più tuo?

La poesia, artisticamente e mentalmente. Fin dall’inizio ho sempre mischiato versi e musica.

Ecco, la musica, in tutto questo che ruolo ha per te?

Foto: Valerio Vecchio

È fondamentale, è uno sfondo fondamentale ma non perché sta dietro ma perché è sempre circostanziale, anche nel romanzo sembra marginale e invece c’è un richiamo alla musica che è poi uno degli elementi di disvelamento e che sarà al centro di un colpo di scena.

“Tutte le vite di un’esistenza”, perché questo titolo?

L’ho scelto io perché volevo dare proprio l’idea della molteplicità delle vite vissute da una persona ma anche da più persone. Cerco di raccontare come un’esistenza possa essere più vite in base a come la storia ci porta a incontrare persone e ad andare in posti diversi.

Leggo un estratto: “Suvvia Annuccia, non venirmi a raccontare che davvero avevi pensato e creduto a un amore eterno”.

Sì, il grande tema dell’amore non può mancare, “l’amore che tutto move” parafrasando Dante ed è un elemento che fa da filo rosso per tutta la storia.

E alla fine di tutto ci sono gli uomini

Le protagoniste sono donne perché io vedo il profilo della donna molto più complesso e interessante rispetto a quello dell’uomo però ci sono anche gli uomini che hanno un ruolo fondamentale, intorno ai quali ruotano i dettagli femminili.

Il libro è disponibile sulle piattaforme online e sulle bacheche digitali di molte librerie e anche sul sito della casa editrice CTL Editore Livornese.

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