Le interviste di Sandra: Aurelio Amendola il fotografo degli artisti

Sessant'anni di scatti, circa 250 foto da Giorgio De Chirico a Andy Warhol

Il fotografo Aurelio Amendola
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Pubblicato ore 07:00

  • di Sandra Mazzinghi

Ecco le prime due battute dell’intervista al grande fotografo Aurelio Amendola:

Io: Maestro, lo sa che sono emozionata?

Lui: Ecco, ora non cominci a prendermi in giro!

Inizia così il nostro dialogo, e con lui sono subito a mio agio. Io, che amo l’arte fotografica, sono di fronte ad uno dei più importante interpreti dell’immagine, narratore del contemporaneo attraverso i suoi famosi ritratti ai più grandi artisti del mondo.

Sessant’anni di scatti, circa 250 foto, ospitati in un’antologica nella sua città natale, Pistoia, visitabile fino al 25 luglio. La mostra fotografica della Fondazione Pistoia Musei è un omaggio a un autore che ha fotografato l’antico, il contemporaneo, gli atelier dei più grandi artisti sparsi per il mondo. E che ha fotografato l’amicizia.

Tutta la sua vita di fotografo in un’unica esposizione?

Certamente, è l’antologica, si fa una volta nella vita e io sono stato fortunato perché l’ho fatta nella mia città natale.

Com’è andata l’inaugurazione?

Purtroppo è andata con i divieti che ci sono attualmente, ma erano presenti 35 giornalisti e poi le autorità.

Che cosa ha provato a vedere tutti i suoi scatti in una mostra?

Sono invecchiato tutto d’un colpo, perché si figuri che la prima foto è del 1968!

Marino Marini, Forte dei Marmi – 1973 ©Aurelio Amendola

Qual è il primo artista famoso che ha fotografato?

Marino Marini è stato il primo per le sculture e gli ho fatto anche dei ritratti, quella con il cavallo che è famosa in tutto il mondo.

Mi racconta di Marino Marini, Giorgio De Chirico, Andy Warhol, Alberto Burri, Roy Lichtenstein come se parlasse di amici che trovi al bar e ci fai una partita a briscola.

In effetti Amendola è stato amico dei più grandi. Mi ero preparata e gli ho posto questa domanda: So che lei non è stato solo testimone del lavoro dei più grandi artisti, ma ne è diventato anche amico, è vero?

Certo, certo, è vero, erano tutti miei amici!

L’amicizia più lunga?

È stata quella con Alberto Burri, dal 1975 fino alla sua morte, nel 1995. Con lui sono andato al Guggenheim, alle grandi mostre e alle biennali. Essere accanto a Burri per anni come fotografo mi ha dato molto.

Ma oltre alle mostre dove siete andati insieme, come passavate il tempo?

Si parlava tanto e di tutto, Burri era appassionato di calcio, poi si parlava anche di artisti, di politica… E si parlava di donne, perché quello fa sempre bene! Agli artisti non puoi togliere le donne!

Giorgio De Chirico, Venezia – 1973 ©Aurelio Amendola

Lei ha conosciuto anche Giorgio De Chirico. Un ricordo?

Sono stato con lui sette giorni a Venezia. E gli ho scattato quella famosa foto in gondola. Era uno spasso vivere con lui ogni giorno. Quando lui attraversava Piazza San Marco la gente lo fermava per gli autografi e lui era felice. Capitava a volte che dicesse: “Oggi è andata male nessuno mi ha chiesto l’autografo!”.

E Andy Warhol, come lo ha conosciuto?

Ero a New York nel 1977 alla mostra di un mio amico scultore Novello Finotti e lui chiamò la Factory. Fortuna che c’era la segretaria italiana, chiesi se potevo andare a fare alcune foto. Lei mi disse: Scusi, ma lei chi è? E io risposi che ero il fotografo di Marini e di De Chirico. Andy Warhol non era ancora famoso come loro. Sono andato alla Factory e Warhol mi ha ricevuto senza problemi e l’ho fotografato. Poi ci sono tornato nel 1986.

Nel corso degli anni sono le sculture antiche quelle su cui Aurelio Amendola ha posato lo sguardo: le opere di Donatello, ma soprattutto quelle di Michelangelo. Come mai proprio Michelangelo?

È un grande autore e se sbagli torni indietro. Il presidente di una banca all’inizio degli anni novanta mi chiese di fare un libro come volevo io e lo feci: partii dalle statue delle Cappelle Medicee. È da lì che ho cominciato a fotografare Michelangelo. Poi il David, e sono arrivato a quello che volevo io, tirando fuori tutta la sensualità che ha, tutta la forza di Michelangelo.

Ha trovato qualche artista che era restio a farsi fotografare nel proprio studio?

Nessuno, perché mi chiamavano loro. A New York chiamai Lichtenstein e mi aprì subito la porta. Sono stato fortunato perché mi conoscevano tutti.

Aurelio Amendola ©Aurelio Amendola

Un consiglio ai giovani fotografi?

Di tornare alla camera oscura, i giovani non sanno nemmeno che cos’è la camera oscura. Oggi è tutto facile col digitale. Capisco che per certe fotografie il digitale è importante, come la moda, la pubblicità e per lo sport. Ma quando si comincia a parlare di architettura, scultura, la differenza è enorme.

Come ha vissuto il lockdown?

Da spararsi, ho progetti che non posso fare, anche perché la mia fotografia è in giro per il mondo!

Oltre alla fotografia ha qualche altra passione?

No, io amo il mio lavoro che è la mia vita, sono fortunato. È come il pittore col pennello, chi ama scrivere scrive.

Mi rivela una chicca prima di lasciami: “Dieci anni fa sono stato l’unico a fotografare tutte le sculture di Amedeo Modigliani a Rovereto. C’era un progetto, che non è andato in porto e non è mai stato fatto né un libro né una mostra”.

Che da questa confidenza nasca qualcosa?


Sandra Mazzinghi è una giornalista, appassionata di letteratura e arte fotografica. Autrice di tre romanzi, le piace curiosare nella vita dei grandi personaggi. Ha un ufficio stampa che si occupa di promuovere eventi culturali.

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