Scenari di Quartiere, Mercadini, l’estrema leggerezza nel parlare di Filosofia

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Lo spettacolo di ieri sera. Foto: Simone Fulciniti
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di Simone Fulciniti
LIVORNO – Quanto è bella la filosofia, quando si ha la fortuna di incontrare qualcuno che riesce a spiegartela in modo semplice. Un’attività che, qualche anno fa, cominciò il compianto Luciano De Crescenzo coi suoi libri, e che oggi porta avanti Roberto Mercadini, con alcuni preziosi monologhi.
Uno di questi, ‘dobbiamo un gallo ad Asclepio’ (le ultime parole pronuciate da Socrate prima di morire), è andato in scena nella meravigliosa cornice dello Scoglio della Regina al ‘calasole’, nel contesto del rassegna Scenari di Quartiere. Manco a dirlo, con una grande folla presente.
Mercadini, artista cesenate, con un passato da ingegnere elettronico, conferma spiccate doti di mattatore. Il suo è un lavoro prezioso, intelligente, frutto di un’attenta analisi e di una felice scelta dei contenuti fondamentali. Grazie alla sua innata ironia, l’attore ha trovato il modo per rendere leggeri argomenti considerati pesanti, e la sua ora abbondante di spettacolo si esaurisce in un soffio, lasciando lo spettatore col desiderio di saperne di più.
Il percorso tra i grandi della filosofia è lungo e dettagliato, si snoda attraverso i più famosi interpreti di questa materia, da Platone ad Aristotele, da Diogene il cane fino a Newton: “sull’origine del sapere non si sa quasi nulla, sull’origine della ragione si dicono follie, sull’origine della luce è buio pesto” chiosa l’attore.
Tanti gli aneddoti e le curiosità che spingono verso il gran finale, dedicato interamente a colui che viene universalmente riconosciuto come la punta di diamante di tutti i filosofi: l’immenso Socrate, l’ateniese.
Il racconto parte dalle ultime ore del grande filosofo, chiuso in una cella, condannato a morte. Tra poco il medico gli porterà la cicuta, e lui attende quel momento conversando estremamente tranquillo con i suoi allievi. Argomentando, confrontandosi, come sempre. Una bellissima storia che il suo allievo Platone, riporta nelle pagine del Fedone.  Quando arriva il veleno estratto dalla pianta, Socrate lo beve sereno, sa che la morte è inevitabile, e la accetta di buon grado: poco importa se è innocente. E quando la sostanza letale si è ormai impossessata del suo corpo, con l’ultima scintilla di vita, chiama a se il discepolo Critone e gli dice “dobbiamo un gallo Asclepio, non dimenticartene”. Era una pratica che gli antichi greci usavano per ringraziare la divinità per l’avvenuta guarigione. Ma se stava morendo… qualcosa non torna. Mercadini spiega con quelle parole Socrate intese di aver trovato la strada migliore per morire: discutere fino alla fine per trovare la verità, da vero filosofo. Una frase che Mercadini definisce “Il più alto grido di vittoria dell’umanità”.

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