Iosonouncane al Caprilli tra atmosfera scura, giochi di luce ed esplosione elettronica

Suoni che sembravano arrivare da un altro pianeta

Iosonouncane. Foto: Glauco Fallani
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Pubblicato ore 12:12

  • di Rosanna Harper
  • foto nell’articolo di Glauco Fallani

LIVORNO – Ottavo giorno di Cortomuso Festival. Sono circa le 22.15. Sul palco dell’Ippodromo Caprilli fa il suo ingresso Iosonouncane, pseudonimo di Jacopo Incani. Poco prima, ad aprire il concerto, i Vieri Cervelli Montel che, tra l’altro, hanno eseguito una bella reinterpretazione di “Almeno tu nell’universo” di Mia Martini.

Quando sale Jacopo, l’atmosfera è piuttosto scura, il gioco di luci lascia intravedere sul palco tre postazioni elettroniche: synth, organi e campionatori. Luci blu, rosse, piccole sfere bianche accompagnano la voce di Iosonouncane che echeggia potente lungo lo spazio del Caprilli, abbracciando il
pubblico. Un pubblico attento, rapito, quasi ipnotizzato dall’esplosione elettronica che, in maniera crescente, diventa unica protagonista di questa nuova serata di Cortomuso.

L’energia sprigionata dalla musica è potente: suoni che sembrano arrivare da un altro pianeta, che evocano scenari diversi, come immagini astratte di orizzonti. Le nuvole, intanto, circondano il palco di un grigio acceso, creando suggestioni naturali che si accompagnano a quelle più sperimentali della musica.

Iosonouncane porta a Livorno pezzi del suo nuovo album, Ira, pubblicato a maggio di quest’anno. Ma c’è spazio per pezzi del precedente album, Die uscito a marzo del 2015, come il brano “Buio”: le parole del testo arrivano evidenti. “Ero io, nel solco ancora scorrerà, sete che divora i sorsi. Ero io, la vite nuda crescerà, fino a ricoprirti i fianchi. Anche tu sei la pietra, fuoco dei campi e dei frantoi, è rinata la morte, e nella mano che semina, cade il sole cieco come la terra …”.

La musica va avanti fino a mezzanotte, crescendo di bassi e di potenza. Il concerto arriva alla fine. Iosonouncane saluta il pubblico di Livorno, alzando il pugno al cielo.

Le immagini sono di Glauco Fallani

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