
- di Valeria Cappelletti:
LIVORNO – “Chissà dove vanno quelli che non ci sono più, quelli che abbiamo sempre nella mente, e se poi per un attimo non ci si pensa basta sentire lo scriccolio di un ramo di pino, il fischio di un treno e subito tornano lì. La voce delle cose parla, racconta, non si cheta mai perché dove c’è silenzio c’è morte, ma se ci fate caso non c’è mai silenzio“. Sono queste le prime parole del monologo che Elisabetta Salvatori ha recitato ieri sera sul palco di “Scenari di Quartiere” che, per l’ultima sera, ha scelto il cortile di un palazzo in via Badaloni, poco distante dalla Stazione. Non è un caso, perché lo spettacolo recitato anima e cuore dall’attrice viareggina, parlava della strage della stazione di Viareggio nella quale morirono 32 persone.

“Non c’è mai silenzio” è il titolo del monologo che comincia con i rintocchi di una campana, quegli stessi rintocchi che risuonarono per 32 volte il giorno dei funerali delle vittime. Accompagnata dal violino e dalla chitarra di Matteo Caramelli, l’attrice trasporta il pubblico, accorso numerosissimo a questo ultimo appuntamento, dentro la storia, in quella via Ponchielli che: “È particolare, e sembra essere uscita da un film, con quell’unico negozio di parrucche” recita l’attrice. Uno a uno, racconta delle donne, degli uomini e dei bambini coinvolti nella strage, entrando nelle loro case, nelle loro abitudini, mostrando le vite di persone comuni, persone come tutti noi, che una sera il destino crudele ha spazzato via per colpa di un treno deragliato: “Neanche la morte ha potere davanti al destino” recita Salvatori.
Antonio che fa il fornaio, Andrea che stava portando fuori il cane, Adriana seduta su una sedia davanti alla porta di casa a vendere bambole fatte all’uncinetto, Sara 23 anni che viveva con la madre Roberta e con il padre, le due sorelle che da poco avevano perso i genitori. E poi Alessandro e Marina che in quel pomeriggio, poco prima della strage, erano stati al mare, Federico ed Elena sposati da 3 anni, vite spezzate dal fuoco provocato da 35mila litri di gas che escono dalla cisterna trasportata dal terno e che si espandono nella strada, via Ponchielli, appunto, a fianco della ferrovia. “Il gas passa ovunque – racconta Salvatori – nei cortili, dalle finestre e tutta la strada ne è piena. Il gas prende fuoco e il fuoco prende tutto e via Ponchielli brucia, il cielo diventa rosso, la gente che corre con i vestiti in fiamme… ma il fuoco dovrebbe stare acceso solo nei sentimenti”.
Un racconto che man mano che si avvicina al momento della strage, si carica sempre più di drammaticità; un racconto che colpisce dritto al cuore, che provoca rabbia, sgomento e commozione nei presenti e nella stessa Salvatori i cui occhi si fanno lucidi. La voce dell’attrice prima candida nel raccontare le storie dei protagonisti, si alza, si fa più potente come una condanna: “32 persone morirono quella notte. Erano in casa, nel posto più sicuro” e via Ponchielli, una stradina piccola, stretta, venne cancellata.

“Non c’è mai silenzio” è un atto di denuncia verso la negligenza, verso il pressappochismo che troppo spesso colpisce l’Italia: “Povera patria schiacciata dagli abusi del potere – canta l’attrice versiliese, per poi aggiungere – Era una strage annunciata”. Nel suo racconto Salvatori parla anche di speranza e di solidarietà che da ogni parte d’Italia giunse a Viareggio, moltissimi italiani che avevano subito drammi simili si unirono nella lotta e cita anche i familiari delle vittime del Moby Prince.
“Le famiglie vogliono la verità, vogliono una legge che renda loro la fiducia – prosegue – Quei 32 pannelli che raffigurano le vittime parlano, hanno una voce assordante e finché lo raccontiamo resterà nella memoria perché nel silenzio c’è la morte e se ci fate caso non c’è mai silenzio” conclude. Il pubblico applaude e si alza in piedi, una vera e propria standing ovation per questo racconto scritto dalla stessa Salvatori che poi ha detto: “Mi sono commossa non solo pensando a Viareggio, ma anche pensando a Livorno, al Moby Prince e a quanto accaduto alla vostra città circa un mese fa”.
Finito lo spettacolo sul palco sono saliti Fabrizio Brandi, direttore artistico di “Scenari di Quartiere”, Marco Leone, direttore della Fondazione Goldoni che ha collaborato all’evento, e Francesco Belais, assessore alla cultura. “È bellissimo stare insieme, è molto più bello fare questo piuttosto che stare in casa e affondare nel divano – ha detto Belais – credo che dovremmo spegnere la televisione e ritornare al cinema, al teatro, vivere questi momenti perché sono emozioni belle che solo il teatro ci dà e che rimangono dentro”.
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