
Pubblicato ore 21:16
- di Valeria Cappelletti
LIVORNO – Sono i volti in bianco e nero della famiglia Baiona, di Frida Misul, della famiglia Bueno appesi alle finestre di via della Madonna, via del Giglio, via di Franco, che osservano il corteo silenzioso transitare, sono i volti degli ebrei livornesi deportati dai nazi-fascisti nei campi di concentramento.

Oggi, 24 gennaio, si è rinnovato l’intenso appuntamento con il corteo organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio per ricordare le vittime dell’Olocausto e la novità di questo anno è stata proprio la presenza delle immagini delle famiglie.
Tanti i bambini coinvolti che hanno tenuto stretti tra le mani i cartelli con i nomi dei campi di concentramento: Birkenau, Auschwitz, Mauthausen, Fossoli, Buchenwald e tanti altri e le candele che hanno illuminato l’arrivo della sera.

Il corteo è partito da piazza del Municipio accompagnato dalla famosa e toccante colonna sonora del film “Schindler’s List“, in testa lo striscione divenuto ormai un simbolo di questa iniziativa “Non c’è futuro senza memoria“.
Bambini con le loro mamme, persone anziane, padri, maestre con i loro alunni, il corteo ha attraversato le vie del centro (con un percorso diverso da quello effettuato di solito): viale degli Avvalorati, via della Madonna, via del Giglio, via di Franco, via Sant’Omobono, via del Tempio e piazza Benamozegh. Il corteo si è poi riunito attorno al palco posto davanti alla Sinagoga sul quale sono saliti Avraham Dayan rabbino di Livorno, Simone Giusti vescovo di Livorno, Vittorio Mosseri presidente della Comunità Ebraica, Simone Lenzi assessore alla cultura, Anna Ajello e Sabatino Casu della Comunità di Sant’Egidio.

“L’importanza della Giornata della Memoria sta nel fatto che attraverso la memoria noi riusciremo a costruire una società migliore capace di aiutare i deboli. Fare memoria vuol dire soprattutto guardare a quello che è successo, ai sei milioni di ebrei umiliati, perseguitati, uccisi e capire perché tutto ciò è successo” ha detto Vittorio Mosseri dal palco di piazza Benamozegh.
L’assessore Lenzi si è soffermato sui tanti nomi dei campi di concertamento scritti sui cartelli tenuti dai bambini presenti: “Leggendo tanti nomi stranieri potremmo pensare che noi italiani non siamo responsabili, invece lo siamo,, perché nel 1938 l’Italia promulgò lo scandalo delle Leggi Razziali. Fu un grande tradimento di italiani verso altri italiani, verso quegli italiani di religione ebraica che avevano contribuito in maniera così importante al Risorgimento, che avevano combattuto nella Prima Guerra Mondiale, contribuito allo sviluppo industriale di questo paese con intelligenza e devozione verso patria, un tradimento che non è perdonabile ed è per questo che ogni gennaio ricordiamo questa giornata. Ricordiamo perché dobbiamo fare un mea culpa nei loro confronti e nei nostri”.

Il vescovo Simone Giusti ha invece sottolineato l’importanza di diffondere una cultura che guardi al bene comune e non di tipo individualistico che: “Genera razzismo, tragedie e l’abbandono dell’altro. No a una cultura della sopraffazione, del possesso ma al rispetto dell’altro”.
Per il rabbino di Livorno Rav Yair Didi è importante la presenza dei bambini che, dice: “Possono solo migliorare la società”.
Anna Ajello ha invece parlato delle immagini delle famiglie ebree livornesi poste alle finestre di alcuni edifici: “La loro vita è stata importante per i loro cari e per i loro amici che hanno ospitato le immagini dei loro volti alle finestre, importante per la nostra città perché sono il volto di una tragedia che è stata mondiale e che ha attraversato anche Livorno. La loro storia tocca il cuore e il loro dolore non deve andare perso. Il percorso che abbiamo fatto e i volti che abbiamo visto devono servire per farci ritrovare quella umanità di cui c’è tanto bisogno oggi”.

A chiudere l’iniziativa, l’accensione della Menorah, in ricordo delle vittime della Shoah e dell’universo concentrazionario nazifascista e la cerimonia l’”abbraccio” alla Sinagoga da parte dei bambini.
Le foto sono di Valeria Cappelletti
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