Gruppo Labronico. Paolo Nuti: “Si può essere artisti senza essere grandi pittori”

Per l'artista i riconoscimenti arrivano presto, quando è ancora studente

Paolo Nuti: Foto: S. Fasulo
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Pubblicato ore 12:00

  • di Serafino Fasulo

Alla fine degli anni ’60 Paolo Nuti incontra Maurizio Bini, Laura Venturi, Emidio Bosco, Mario Madiai, in quello che è stato l’inizio di percorsi di passione e professionalità per molti pittori del Gruppo Labronico: l’Istituto d’Arte di Lucca. Per Paolo i riconoscimenti arrivano presto, quando è ancora studente. Terminati gli studi vince il concorso per l’insegnamento nella scuola pubblica e si trasferisce a Pavia dove insegnerà disegno e storia dell’arte.

Mi racconta di queste tappe mentre stiamo seduti nel suo studio, la macchina fotografica è ancora nella borsa. Tra i lavori alle pareti o appoggiati su mensole mi colpiscono due opere tridimensionali, la superficie aperta da uno squarcio rivela mondi mossi da delicati ingranaggi. Dei lacci ne tengono insieme l’”epidermide”, solidi ma non serrati abbastanza da cicatrizzare una ferita oltre la quale si può continuare a sbirciare.

Foto: S. Fasulo

In un celebre testo “Punto Linea Superficie”, Kandinskj ha fatto una distinzione tra le scosse che ci provengono dall’esterno, come le malattie, l’infelicità, i lutti, e quelle che ci provengono dall’interno, ovvero dalla volontà che l’uomo può esercitare per andare oltre il primo sentire, per esplorare paesi nuovi e sconosciuti. Oltre lo strappo stanno le storie personali e quelle collettive, sta il travaglio che l’arte produce per consegnarci il bello, per il conseguimento di equilibri estetici.

Due rose esaltate da un fondale basso di tono, movimentato, nervoso, sono in fase di ultimazione, dipinte su tavola stanno appoggiate su un piano di lavoro che sembra essere la continuazione del fondale, tempestato come è da pennellate fuoriuscite dalle opere in preparazione che in successione vi sono state adagiate. Anche il fondale, come ciò che sta oltre la ferita, racconta il meccanismo sul quale si tende l’involucro rasserenante.

“Si può essere grandi pittori ma non artisti e si può essere artisti senza essere grandi pittori”, condivido l’affermazione di Paolo, tecniche sopraffine senza la ricerca, senza l’ansia creativa, non generano arte. Paolo Nuti è un signore con modi che coniugano compostezza ed eleganza. Mi porta a visitare un appartamento che ha contribuito ad arredare.

Foto: S. Fasulo

Dietro ad un tavolo firmato Roche Bobois, estendibile grazie ad un ingranaggio a vista, brilla una sua opera realizzata in foglia d’oro. La superficie spaccata e tenuta insieme da lacci svela un sostrato fatto di materiali più umili ma vitalmente funzionali, come per il tavolo il meccanismo conferma la fatica che sottende la felicità delle apparenze. Un’ultima domanda, “quando si fa un buon investimento nell’arte?”. “Se un lavoro piace, se dà serenità si è fatto un buon investimento. Se lo si compra per rivenderlo al doppio poco tempo dopo direi di no.”

Paolo Nuti è nato a Viareggio nel 1949, dove vive e lavora. Dopo aver seguito gli studi artistici si è dedicato con continuità alla pittura e alla grafica. Ha tenuto la sua prima mostra personale nel 1973 alla Galleria Bramante di Vigevano (Pv), alla quale ha fatto seguito una lunga serie di esposizioni personali e collettive in Italia ed all’estero.

Le immagini sono state scattate da Serafino Fasulo


Serafino Fasulo è produttore, regista di documentari e fotografo. Ha lavorato per la RAI, per Sky e per altre produzioni televisive e cinematografiche. Ha curato numerose rassegne video e cinematografiche, eventi teatrali, mostre di pittura e fotografia.

È stato responsabile della programmazione audiovisiva del Nuovo Teatro delle Commedie e del Teatro Mascagni di Livorno dal 1995 al 2003. Dal 2003 al 2013 è stato gestore e coodirettore artistico del cinema Kino-Dessé e dell’Arena Ardenza di Livorno. Nel 2014-2016 è stato assessore alla cultura del Comune di Livorno.

È stato Presidente Nazionale dell’Unione Italiana Circoli del Cinema (UICC). Dal 2016 al 2020 è stato Art Director della Fondazione Laviosa. Attualmente sta sviluppando progetti fotografici a lungo termine con particolare attenzione ai flussi migratori.

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