Un soldo di Cacio: Mascagni, Modigliani e Fattori illustri livornesi, ma le loro donne?

A scrivere è il personaggio del romanzo di Michele Cecchini

Dettaglio della copertina del romanzo di Michele Cecchini "Il cielo per ultimo" realizzata da Manuele Fior
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Pubblicato ore 12:00

Emilio Cacini, meglio conosciuto come Soldo di Cacio, è il protagonista del romanzo di Michele Cecchini “Il cielo per ultimo”, uscito nel 2019 per Bollati Boringhieri. In questa rubrica, il Cacini risponde alle domande dei suoi e dei nostri lettori.

Salve Cacio,

seguo con attenzione la sua rubrica che tocca punti a me molto cari, ed è per questo che propongo qualche spunto, mi scusi se sarò banale.

Lei parla di Livorno e la rende in questo modo accessibile anche ai forestieri, e io ho in mente i tre personaggi che le hanno dato più lustro: Pietro, Giovanni e Amedeo, ossia Mascagni, Fattori e Modigliani. Tre nomi illustri di livornesi che hanno portato il nome di Livorno nel mondo. Ma le loro donne sempre un passo indietro. Ora, di quelle al fianco dei primi due si sa poco o nulla, ma dell’ultima, che io chiamo Giannina, la cui vita si è spenta su un duro selciato, immolata all’artista al contempo benedetto e maledetto dagli Dei, molto ci sarebbe da dire, né sarebbe azzardato anche affermare che col tempo avrebbe forse surclassato Amedeo. Lei che ne pensa, Cacio?

E a proposito di Amedeo, non le pare un affronto che a Pietro e Gianni siano intitolati luoghi sacri per la cittadinanza e a lui un palazzetto dove si organizzano concerti di sguaiati e rassegne di paccottiglie? La piazzetta che molti concittadini credono intitolata a lui è invece dedicata al fratello, insigne politico.

Lei si appassiona di politica, Cacio? E quanto a Gianni Fattori, meritevolissimo di stima, lei lo sa che andava a scuola da Boldini? Dico, si rende conto? Dunque, non sarebbe il caso di parlarne a lungo nelle scuole, nelle agoni, nella vita quotidiana? Non pensa che ci aiuterebbe a superare questi momenti tetri anche più delle vaccinazioni di massa? La ringrazio per l’attenzione che vorrà prestare a questa mia.
Fiorenzo

Caro Fiorenzo,

come darle torto: conversare qui sopra, tra l’altro osservando ben più del debito distanziamento, solleva e non poco il nostro animo un po’ avvilito.

Circa le riflessioni che voi tutti proponete, io mi accorgo di non avere granché da replicare – a malapena riesco ad esprimermi in merito alle storie che scrivo – così mi limito a chiosare, ad aggiungere qua e là qualcosetta che mi passa per la mente, anche per associazione di idee. Del resto, conversare anche senza meta è una delle soddisfazioni che spettano a noi bipedi.

La sua missiva fa riflettere, Fiorenzo. Se il destino non avesse riservato a Jeanne quell’esito tragico, chissà. La morte in questo caso forse non vale come lacerazione ma è ricongiungimento e ripristino. Una faccenda struggente e romantica che un po’ mi ricorda quella di Wetryk, il grande illusionista livornese che conobbe agli inizi del Novecento un successo internazionale paragonabile a quello di Houdini. Voci non so quanto accreditate vorrebbero addirittura che i creatori del personaggio di Mandrake si fossero ispirati a lui. Sarà vero? Sta di fatto che Wetryk morì giovanissimo, all’apice del successo. Sua moglie Mery non resse al dolore e a distanza di pochi giorni morì di crepacuore. Un termine che oggi non si usa più, chissà perché.
La morte prematura e una storia sentimentale straziante legano Wetryk e Modigliani. Con la differenza che il primo conobbe in vita il successo, il secondo certamente no. Oggi invece Wetryk va riscoperto e sottratto alla dimenticanza, Modigliani certamente no.

Gli artisti nei confronti delle loro città non conoscono mezze misure. O c’è piena identificazione, direi quasi simbiosi, o il rapporto è tortuoso, complicato
A questo proposito, la figura di Modigliani credo sia andata sempre più saldandosi al tessuto cittadino. Da quando vivo a Livorno, ormai oltre dieci anni, ho assistito al moltiplicarsi delle iniziative che riguardano questo artista. E mi riferisco anche e soprattutto a quegli eventi che magari passano un po’ sottotraccia ed è un peccato, non godendo dei grandi riflettori. Tuttavia sono estremamente significativi, sia perché spesso di alto profilo, sia perché certificano certi andamenti e, in questo caso, certe ricomposizioni.
Tra la miriade iniziative, appuntamenti fissi, visite, eventi, non mi azzardo ad abbozzare un elenco. Solamente, ne cito al volo due o tre che mi vengono a mente e a cui ho partecipato, tanto per dare un’idea.
Per esempio la mostra e il libro di Luca Dal Canto sui “Luoghi di Modigliani tra Livorno e Parigi“, che ha girato parecchio e non solo dalle nostre parti.
L’associazione “Franco Ferrucci” anni fa in Fortezza Vecchia promosse una serata dal titolo “Buon compleanno Modigliani!“, un evento molto bello e sentito, culminato nel monologo di Michele Crestacci – un artista che, per inciso, mi garba parecchio.
Recentemente Maurizio Mini e Umberto Falchini hanno organizzato in un paio di circostanze l’evento: “Una mostra che scandalizzò“, in cui hanno ripercorso la vicenda e le opere presumibilmente esposte nella prima e unica ‘personale’ che Modigliani ebbe in vita. Una mostra brevissima, interrotta pochi minuti dopo l’apertura dall’irruzione della gendarmeria parigina che ne impose la chiusura perché appunto i dipinti furono giudicati scabrosi. In particolare, venne registrato che i nudi avevano i peli – evidentemente un dettaglio ritenuto inquietante.

E poi, Fiorenzo, non è da dimenticare che Modigliani è sempre più presente anche in quelli che, sostiene una mia amica, sono i veri monumenti della contemporaneità, ovvero i murales. Anche quelli costituiscono una traccia significativa di una presenza e di una ritrovata armonia.
Un caro saluto Fiorenzo, e mi stia bene.
Cacio

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