Un soldo di Cacio: la passione per l’Arte produce idee

A scrivere è il personaggio del romanzo di Michele Cecchini

Dettaglio della copertina del romanzo di Michele Cecchini "Il cielo per ultimo" realizzata da Manuele Fior
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Pubblicato ore 12:00

UN SOLDO DI CACIO
La posta del Cacini

Emilio Cacini, meglio conosciuto come Soldo di Cacio, è il protagonista del romanzo di Michele Cecchini “Il cielo per ultimo”, uscito nel 2019 per Bollati Boringhieri. In questa rubrica, il Cacini risponde alle domande dei suoi e dei nostri lettori.

Cacio,

io sono un uomo un po’ spiccio, forse troppo, e mi arrabbio anche quando forse se ne potrebbe fare a meno. Con gli anni il temperamento battagliero non m’è venuto meno, per somma sventura di mia moglie che non ne può più delle mie battaglie contro i mulini a vento, ma siccome anche te mi sembri uno che va controcorrente, anche se di sicuro meno veemente, mi sento di buttarti lì due o tre argomentucci di cui discorrere.

Allora, io sono appassionato di arte in generale, soprattutto arte contemporanea e prima domanda ovvia che mi viene da farti è se a te piace. Io vado matto in special modo per le interazioni fra arte e scienza, sono un ammiratore sfrenato di quel genio di Eric R. Kandel, con cui ho in comune solo la tendenza al ‘fumino’, purtroppo, e delle sue ricerche sulle basi cellulari della memoria, che tento abbastanza infruttuosamente di tradurre in esperimenti artistici (altra fissa: il sincretismo dello scibile umano).

Poi, ma non mi prendere per snob che più del popolo di me non ne trovi, vorrei sapere da te come vedi il fenomeno ultimo della commercializzazione dell’arte, le iniziative che portano soldi, i ‘pontivecchi’ affittati a chi ha fatto i soldi e chi più ne ha più ne metta. E lascia perdere il periodo contingente, ma che mi dici del fatto che non c’è iniziativa che non contempli il riempirsi la pancia? Nulla contro le sagre del favollo, ma possibile che non si possa pensare a fruire di letteratura, pittura, scultura, ecc a pancia vuota? Da tempo ho in mente un’ideaccia che mi piacerebbe chiamare ROSIGNARTELIBRI, ma vuoi che non mi ci abbinerebbero magari una degustazione di vino? Ma dico io, ma un assessore alla cultura che vada in giro, anche in motorino, a cercare arte vera, e non solo nicchie deliziose dove abbinare il libro e il chianti, la scultura e la mortadella, si troverà prima o poi? Scusa, Cacio, mi sono un po’ dilungato, ma quando trovo un interlocutore che posso agganciare non lo mollo facilmente. Grazie per la tua rubrica, è bella, la leggo sempre volentieri.
Ivano, Rosignano

Caro Ivano,

quante cose! Mi fa piacere discorrere di codesti argomentucci, per cui non ti peritare. Anzi mantieniti veemente, checché ne dica la moglie, perché è una cosa bella: indice di passione, di vivacità, di interesse verso quel che ti circonda.
E se qualche volta capita di risentirsi, o di avere a che fare coi mulini a vento, vale comunque la pena accalorarsi. A pensarci bene, i gesti fini a se stessi sono anche i più belli, e chissà che alla distanza non fruttino qualcosa. Quanto meno, potrai dire di averci provato.
Non lo so se sono controcorrente, Ivano. Il fatto è che non me lo chiedo neanche. Vado per la mia strada, al mio passo. E nel frattempo osservo, annuso, e ogni tanto mi ci scappa qualche piccola riflessione, circa la quale non sto a chiedermi se sia condivisa o meno.

Mi piace proporre uno sguardo sulle cose, e sono sufficientemente curioso da interessarmi a quello degli altri, senza pormi nell’ottica agonistica del più acuto. A dirla tutta, io proprio non riesco a entrare negli agoni dove si sgomita o si è costretti a urlare per l’illusione di essere ascoltati o, peggio, di avere ragione.
Sull’arte contemporanea ti rispondo un’altra volta, approfittando di altre lettere che mi son giunte nel frattempo.
Piuttosto, la tua idea di ROSIGNARTELIBRI la vedo bene, concreta e praticabile. Tu imbastisci, appena si potrà, e se amici e assessori ti vengon dietro in motorino, tanto meglio. Se poi ti ci affibbiano un po’ di cibarie, non ti crucciare. Facciamocene una ragione: a stomaco pieno magari si ragiona meglio e se è un modo di avvicinare le persone, tanto di guadagnato. Una raccomandazione però, Ivano: niente “aperilibro”, ti prego. Su questo, tieni duro.

Il passaggio in cui accenni alle degustazioni mi ha fatto venire in mente il pullulare di trasmissioni televisive in cui imperversano i cuochi.
Sarà colpa del mio animo fragile ma quelle rare volte in cui mi ci sono imbattuto, non nascondo di aver provato un atroce, profondo imbarazzo per i malcapitati concorrenti. I quali a causa di un soffritto anomalo, di un abbinamento eretico, di una cottura eccessiva o di un contorno non all’altezza, sono caduti vittime degli strali dei cuochi impietosi e intransigenti.
Additati al pubblico ludibrio, hanno subìto la tremenda vendetta per l’oltraggio alle papille gustative dei paladini dell’arte culinaria. Di fronte agli sguardi fulminei, tremanti e con gli occhi al suolo hanno udito la loro condanna. Per dirla col Parini.

Capisco l’arte, il fare le cose come si deve, la buona tavola e tutto il resto. Sta di fatto che in nome di questa mortificazione conto terzi io sarei per costituire un comitato di supporto agli artefici delle pietanze sbagliate.
Ti saluto Ivano, e ti abbraccio.
Cacio

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