Un Soldo di Cacio: i libri sono una faccenda seria, delicata e importante

A scrivere è il personaggio del romanzo di Michele Cecchini

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Pubblicato ore 12:00

Emilio Cacini, meglio conosciuto come Soldo di Cacio, è il protagonista del romanzo di Michele Cecchini “Il cielo per ultimo”, uscito nel 2019 per Bollati Boringhieri. In questa rubrica, il Cacini risponde alle domande dei suoi e dei nostri lettori.

“L’ottimista vede la rosa e non le spine; il pessimista si fissa sulle spine, dimentico della rosa.“ (Gibran)
Prof Cacini,
scusi l’incipit che non è certo per ostentare una conoscenza di un poeta che non ho, l’amo molto ma non sarei in grado di leggerlo in lingua originale, e questo senz’altro penalizza la vera comprensione di un testo, ma è per introdurre la domanda che vorrei porle: già notarne le spine non è meno disperante che vedere la prosaica realtà, ossia che ormai le rose ci fanno solo pensare a quel minuto uomo che dirazzola per tutta la città proponendo fiori che sembrano rubati a qualche tomba, e forse lo saranno?
Qual è il suo rapporto con la realtà? Da pessimista cosmica mi ha commosso la sua vicenda di uomo ottimista a dispetto dei santi, mi ha ricordato davvero le piccole gioie di Gozzano, le signorine che mangiano le paste nelle confetterie. Certo non concorderà con Haruki Murakami, valente e sensibile scrittore a discapito del nome che rimanda a un all you can eat nipponico, che così chiosa “Io son pessimista, ma gli adulti di questo mondo che non lo sono, sono un branco di idioti.”
Le piace Sylvia Plath? Io la adoro, soprattutto in quella poesia, che avrebbero potuto scrivere l’adorato genio gobbo o lo sfortunatissimo Primo Levi, “Io sono orizzontale” , è da perdere la testa pensare che mise a letto i bambini e mise dopo poco anche la testa nel forno a gas, stimola più di una riflessione sulla maternità. E questo mi fa pensare a un articolo del 1948 di Natalia Ginzburg, comparso sulla rivista “Mercurio” diretta da Alba de Céspedes, credo che abbia già capito che sto parlando del “Discorso sulle donne” e sulla malinconia che alcune volte le colpisce e le fa cascare “nel pozzo”; ne parlo a ragion veduta perché anch’io spesso ho rischiato di non uscirci, da quel pozzo, e sa che cosa debbo ringraziare, che sono qui a parlarne con lei? La lettura di tutti coloro che hanno camminato sull’orlo di quel pozzo, uscendone o meno. Perché, diciamoci la verità, anche in Pierpaolo Pasolini, che adoro, la pulsione di morte è sempre stata fortissima, nello stesso Salgari, che tanto appassionò le nostre infanzie, nella immensa Virginia Woolf, e mettiamoci anche, giusto per ritornare al Giappone, Yukio Mishima, sebbene troppo nazionalista capacissimo poeta samurai, tutta la loro arte sembra portare verso il buio delle loro vite spezzate tragicamente. Eppure, quanta luce in quel buio. Dice bene lei, che non è perché si vede il cielo per ultimi che non se ne tragga gioia, ma chi il cielo non riesce proprio a vederlo, come fa? Chi è avviluppato dalle spire del male di vivere vede tenebra anche nel cielo più azzurro. Fortuna vuole che anche quando cado un po’ più giù io continuo a vederne un pezzettino, di cielo, anche se magari lo vedo per ultima, dopo di lei.
La ringrazio tanto per l’attenzione che mi presterà.
Adele, Antignano

Carissima Adele,
le sue righe trasudano un amore per la lettura che è un piacere. Ed è un privilegio non da poco renderle pubbliche, così da condividerle con il nostro sparuto ma accanito gruppo di seguaci.
La sua lettera mi pare denoti un rapporto con la lettura assai fertile: la lettura come rifugio, come forma di conoscenza, forse come terapia. Ad ogni modo, un esercizio intimo, eppure votato alla condivisione.
Ho avuto modo di riflettere nei giorni scorsi sulla lettura, anche perché a scuola un’amara considerazione che sovente i genitori mi rivolgono ai ricevimenti è: “Professore, il mi’ figliolo non c’è versi di farlo leggere”. Una costernazione che presuppone una richiesta di aiuto. Che incarichino me di una missione tanto delicata?
Da insegnante di educazione artistica, provo a dare il mio piccolo contributo. Ma sono pur sempre un professore. Dunque, agli occhi degli alunni, uno che impone rogne da sbrigare nella maniera più indolore possibile.
Le parlo dei ragazzi, Adele, ma potrei dire in generale, perché ogni fascia di età si compone di lettori forti, lettori saltuari e non-lettori. E mica c’è niente di male in tutto questo.
Tuttavia è per me una questione di un certo rilievo. Diciamo pure assai delicata, visto che ne va della mia sopravvivenza in quanto personaggio: se nessuno legge, sono fritto.
Ora, bisogna dire che questa faccenda della lettura a scuola crea un certo scompiglio. Il Franceschetti dice che la scuola non può fare un bel nulla, anzi meno fa e meglio è, la Marianelli sostiene che qualcosa si può fare, ma ‘camuffato’, in modo che non sembri scuola, il Giovannoni invece è perentorio. Per lui Manzoni equivale a una prescrizione medica imprescindibile: “ ‘I Promessi Sposi’ va letto tutto. E se patiscono, pazienza. È per il loro bene”.
Io come al solito mica ho le idee chiare, né saprei tanto meno indicare delle ricette buone per tutti i palati. Credo che la passione per la lettura sia una forma di contagio – mi perdoni il termine forse non proprio consono ai tempi, Adele.
Se si parla di libri con entusiasmo, se trapela l’urgenza della condivisione, di sicuro qualche lampadina si accende. Specialmente nei ragazzi, che hanno le antenne dritte.
E pure un altro aspetto mi preme, Adele, e le parlo da personaggetto. Qualche volta, per fare un complimento a un romanzo, si dice: “Dovrebbero farci un film”, quasi che al cinema fosse affidato il compito di portare a compimento il tragitto di un libro. Mai che si dica, che ne so: “Ci vedrei bene un radiodramma”.
Io credo che da un romanzo ci si possa ricavare una sceneggiatura eccome, ma – al netto della commistione e tutto quanto – un libro bisogna apprezzarlo in quanto libro. Poi può anche indossare altri abiti. Ma, per inciso, a nessuno dei miei amici garba essere soppiantato da qualcun altro che li interpreta: finiranno per rivolgersi al sindacato dei personaggi.
Non mi faccia elencare, Adele, i benefici, gli effetti e tutta quella marea di cose che la letteratura mette in moto. Ci siamo capiti. Allora bisognerebbe trovare la maniera di far apprezzare lo specifico letterario: certe cose si trovano lì, solo lì e non altrove. E lo stesso vale per ogni altra forma di espressione artistica, detenendo ciascuna le proprie peculiarità. Così magari riusciamo a trasmettere ai ragazzi l’idea che i libri sono una faccenda seria, delicata, importante, Adele. E io la ringrazio per averlo ribadito attraverso la sua lettera.
Verso dove siano avviati i libri e quale sia il loro destino: boh?
La saluto con affetto,
Cacio

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