Un Soldo di Cacio: i giovani e lo sguardo sul mondo contemporaneo

A scrivere è il personaggio del romanzo di Michele Cecchini

Dettaglio della copertina del romanzo di Michele Cecchini "Il cielo per ultimo" realizzata da Manuele Fior
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Pubblicato ore 12:00

Emilio Cacini, meglio conosciuto come Soldo di Cacio, è il protagonista del romanzo di Michele Cecchini “Il cielo per ultimo”, uscito nel 2019 per Bollati Boringhieri. In questa rubrica, il Cacini risponde alle domande dei suoi e dei nostri lettori.

Caro signor Cacini,

ho apprezzato tanto il suo sguardo sul mondo, uno sguardo a 360 gradi che coglie l’universale e il particolare, una narrazione che pur non potendosi definire verista (è stata definita ‘realismo magico’ e io sono d’accordo con questa definizione) è avulsa da strabismi, uno sguardo quindi omnicomprensivo ma al contempo preciso, indirizzato da una parte e dall’altra in maniera estemporanea.

Uno scorcio dei canali medicei con il pesce sul tetto del mercato

Ecco, questa capacità direi fanciullesca di cogliere la parte e il tutto allo stesso tempo mi ha davvero incantato, un po’ come quando passo davanti all’ex mercato del pesce e vedendo il pesce stilizzato sul tetto immediatamente torno a vedere le aste che vi si tenevano e quasi mi sembra di sentirlo nelle narici, l’odore del pesce; mi fa lo stesso aver letto le sue vicende, io davvero vedo, e credo, che ci sia una tigre che si aggira all’Ardenza e quasi ne sento il respiro ansante e l’afrore ferino.

Ma divago, forse, perché in realtà mi volevo rivolgere a lei in qualità di professore. Ecco, in questi tempi in cui ai giovani sembra essere concesso tutto e al contempo niente, dal motorino nuovo ai profilattici a disposizione h 24, quindi un mondo completamente accessibile, se non altro agli occhi (e ci risiamo con lo sguardo, motore e oggetto di desiderio), con le restrizioni del frangente attuale, tra sesso virtuale, alcoolici e DAD, non si rischia che la nostra gioventù venga depauperata della necessaria esperienza contingente? Qual è la sua opinione in merito?

Grazie signor Cacini, il confronto con lei mi apre davvero nuove visuali.
Maurizio

Caro Maurizio,

contraccambio il piacere della chiacchierata, del resto anche la sua mail suggerisce non pochi spunti di riflessione. In primis, lo sguardo.

Truffaut diceva che ogni film esprime un’idea del mondo e un’idea del cinema. Credo che questo valga anche per i romanzi: e l’idea del mondo e di letteratura che un romanzo veicola, avviene spesso attraverso lo sguardo. Mi pare di poter dire anzi che ogni romanzo consista quasi nel racconto di uno sguardo. E al lettore proponga di approcciarsi al mondo, anzi di adocchiarlo, in una maniera insolita.

Ecco, nel timore di sfociare nella supercazzola mi fermo. Tuttavia lei ha toccato un punto importante, Maurizio, allora faccio il giro largo e mi diverto a percorrere anche un’altra strada.

Montale aveva affibbiato a sua moglie, Drusilla Tanzi, il nomignolo di “Mosca” perché costretta a indossare costantemente un paio di occhialoni neri per i problemi alla vista di cui soffriva. Eppure nei componimenti di Satura più e più volte le riconosce una grande capacità di “vedere”, proprio perché lo sguardo di sua moglie è in grado di andare oltre il contingente, in quanto non irretito dalle trappole, dagli scorni “di chi crede che la realtà sia quella che si vede”. A pensarci bene, Maurizio, l’indovino Tiresia, che pre-vede il futuro, è cieco.

Ma qui mi fermo per davvero, sperando che queste citazioni abbiano contribuito a farmi fare bella figura.

Concordo: anche a me il pesce disegnato sul tetto dell’ex mercato piace moltissimo. Quell’opera, e le parole che lo accompagnano e ne sono parte integrante, hanno la capacità di predisporre l’animo, non saprei dire come, a un’apertura, a un ‘respiro’, che personalmente mi rinfrancano e che evocano perfettamente il nome dell’artista, Libertà – al secolo Libera Capezzone. Che anche quest’opera presupponga e proponga un’idea del mondo? Credo proprio di sì. Nel frattempo, perché si possa continuare a goderne e non vada sciupata, mi auguro che diano periodicamente una sistemata a quel pesce.

Circa i ragazzi, è sempre difficile parlarne senza essere banali o superficiali. E sarebbe bene sentire direttamente loro, perché noi che ne possiamo sapere. Che abbiano una certa dimestichezza con il senso della vista, credo sia inequivocabile. Non mi soffermo sui telefonini e sulle altre diavolerie elettroniche, né sugli strumenti che prediligono per approcciarsi alla narrazione. Sono i loro strumenti, i loro codici e il loro linguaggio, attraverso cui probabilmente cercano risposte alle domande che anche noi ci facevamo e ci facciamo. Tanto basti. E i loro occhi c’è da augurarsi che rimangano “ridenti e fuggitivi”.

Ora, io le parlo per quel che vedo, avendo la fortuna di starci a contatto in classe. L’esperienza cui lei fa riferimento, Maurizio, credo che per loro sia irrinunciabile. E ne sono ben consapevoli. Altro che virtuale. I ragazzi, non so quanto lieti ma di sicuro pensosi, scalpitano, come è naturale che sia. Una girata con gli amici, una chiacchierata del più e del meno davanti a un caffè. Starsene lì, in mezzo agli altri, anche a non fare niente. A gozzovigliare. A osservare i propri simili e il mondo. A fare la guardia al barile di spuma, per dirla con il Borzacchini.

E a proposito di passeggiate, se capita dalle parti di Ardenza Mare faccia davvero attenzione alla tigre, Maurizio. Anche a me piace pensare che Mirtilla si aggiri zitta zitta, nottetempo, a vigilare sul nostro sonno e lasci un segno del suo passaggio. È bello sapere che c’è chi si prende cura degli altri così, alla zitta. Voglio sperare che sia un sentimento diffuso e condiviso, perché è rinfrancante, come il pesce di Libertà, e non è consolatorio, che è una parola che non mi piace.

Stia bene, Maurizio, e grazie di cuore per quello che ha scritto.
Cacio

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