
Pubblicato ore 12:00
Emilio Cacini, meglio conosciuto come Soldo di Cacio, è il protagonista del romanzo di Michele Cecchini “Il cielo per ultimo”, uscito nel 2019 per Bollati Boringhieri. In questa rubrica, il Cacini risponde alle domande dei suoi e dei nostri lettori.
Esimio sig Cacini
Torno a tediarLa (se il tedio è eccessivo m’ignori) perché leggendo le sue sagaci risposte mi sorgono sempre ulteriori spunti che Le porgo con piacere. Dico subito che non mi si può annoverare nella schiera dei detrattori della gioventù odierna, sebbene non sia giovane da un bel pezzo; sì, riconosco che il linguaggio talvolta è eccessivamente semplificato, magari in certi casi un po’ greve (e tuttavia lo sdoganamento della grevità di linguaggio non è certo da imputarsi a imberbi pischelli, concorderà con me) e invidio forse l’abbondanza di opportunità sentimentali che magari crea un disinteresse verso quell’eterno femminino che tanto turbava le notti in sogno nella nostra remotissima gioventù, però ho una preoccupazione che metto alla Sua attenzione, per sapere se la condivide: con questa scuola a singhiozzo, dovuta alle ben note vicende pandemiche, non si rischia che il settecentenario della morte d’un tale, un certo Dante Alighieri, a buon diritto da ritenersi padre di tutti noi, non venga ricordato come si deve? E non sarebbe questa, secondo lei, una perdita insanabile per le nostre giovani generazioni?
Grazie per la cortese risposta che mi vorrà dare.
Suo,
Giuseppe
Caro Giuseppe,
lei non disturba mai e leggere le sue missive è sempre un piacere. Come potrei ignorarla?
La questione che pone, relativa alla ricorrenza dantesca, è cruciale, anche perché presenta numerose implicazioni: non solo Dante, dunque, ma il senso e il valore delle celebrazioni, la scuola, il rapporto tra i giovani e la letteratura.
Per affrontare un tema così impegnativo ho deciso di fare le cose in grande. Ovvero, furbescamente e vigliaccamente, cedo la parola al mio amico Hans Honnacker, italianista di Baviera, che di Dante è assai esperto, avendo al suo attivo la pubblicazione di una consistente serie di volumi relativi al Sommo Poeta. Non solo: insieme al grande Marco Romanelli ha pure curato un paio di edizioni della Commedia ad uso scolastico, l’ultima delle quali è uscita recentemente. Un’edizione le cui illustrazioni sono state curate dai ragazzi del Liceo Artistico dove Hans insegna. Che bella cosa, no? Tra l’altro, il fatto di risiedere a Firenze gli consente non solo di risciacquare i panni in Arno, ma di tenerceli a mollo proprio.
Insomma, Giuseppe, chi meglio di Hans potrebbe risponderle? Così gli ho sottoposto la sua lettera, ed ecco qua:
Gentile signor Giuseppe,
La Sua preoccupazione è più che fondata: il Settecentenario di Dante rischia di fare la stessa fine delle celebrazioni di Raffaello o anche di Beethoven nel 2020. Tanti eventi programmati da anni che sono saltati o avvenuti solo online. Questo vale anche per la scuola dove noi insegnanti cerchiamo di mettere in piedi progetti di tutti i tipi che, probabilmente, non vedranno mai la luce se non in modo digitale. C’è solo da sperare nella seconda metà dell’anno, con l’augurio che si possano recuperare almeno alcune delle tante iniziative in onore di Dante. D’altronde, ripensandoci bene, poteva anche andare peggio, visto che l’ultimo centenario cadeva agli albori del Ventennio e c’era pure la Spagnola. All’epoca qualche studioso, per compiacere al regime, si azzardava ad identificare l’enigmatica figura del veltro del primo canto dell’Inferno addirittura con Mussolini.
Le mancate celebrazioni saranno una perdita insanabile per le giovani generazioni? Direi di no, anche perché a scuola comunque si continua a studiare Dante che, per fortuna, affascina anche gli studenti di oggi. Certo, i giovani (come tutti noi) avrebbero meritato qualche festeggiamento in più ma, al contrario di noi adulti, possono sempre vivere un altro centenario, quello del 2065 (800 anni dalla nascita), sperando che capiti in un momento più felice.
Infine, chissà cosa direbbe il nostro caro Durante di tutte queste celebrazioni se tornasse sulla terra anche per un giorno, come si immagina Giuseppe Conte (non l’ex premier, ma l’omonimo poeta ligure) nel suo bel libro, fresco di stampa, Dante in love? Probabilmente si farebbe beffe di noi che siamo qui a dannarci l’anima per ricordarlo.
Un cordiale saluto,
Hans Honnacker
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