Pasquino e le statue parlanti, antiche espressioni della satira

In origine erano sei poste in vari luoghi di Roma

pasquino e le statue parlanti espressione della satira di roma
La statua di Pasquino
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  • di Patrizia Caporali

ROMA – Le Statue Parlanti, originali curiosità dell’antica Roma, sono l’espressione più audace, satirica, insolente, soprattutto nei confronti del potere. Inizialmente le statue erano forse molte di più, ma solo sei: Madama Lucrezia, il Marforio, il Babuino, il Facchino, l’Abate Luigi e la più famosa del Pasquino. Sono rimaste fino a oggi a rappresentare una prima forma di satira moderna.

Collocate in vari luoghi del centro della città, nascono in epoca pontificia, quando il popolo comincia a opporsi all’arroganza, alla corruzione dei nobili e del clero con l’arma dell’umorismo, appendendo al collo di queste sculture cartelli anonimi con scritte polemiche, invettive e dialoghi umoristici.

Tra tutte Pasquino è quella che per eccellenza mostra il malcontento del popolo. Ritrovata nel 1500 durante gli scavi per la ristrutturazione di Palazzo Orsini, vicino a Piazza Navona, ha origini antichissime e sembra rappresentare probabilmente un eroe dell’antica Grecia. Forse Menelao o Aiace o Ercole, ma nessuna certezza, perché ha il volto danneggiato ed è priva di braccia e gambe.

All’epoca nessuno dà grande importanza a quella statua, solo il cardinale Carafa vuole a ogni costo sistemarla all’angolo dell’antica piazza del Parione, per applicarle lo stemma dei Carafa e un cartiglio celebrativo.

Così, dopo il suo collocamento nella piazzetta, comincia a diffondersi l’uso di appendere al collo della statua, durante la notte, fogli e cartelli contenenti satire in versi, rivolte contro il potere e i potenti, proprio come se fosse la statua stessa a declamarli.

E per tutti la statua diventa Pasquino, identificata dai romani con un sarto famoso per le sue battute argute, più taglienti delle forbici che usava per lavorare, visto che viene alla luce proprio vicino alla sua bottega. Ma si attribuisce a tante altre leggendarie figure del luogo come il fabbro, il barbiere, il calzolaio o anche il ristoratore. Chissà! Certamente era una persona istruita, dall’animo irriverente che spesso si lasciava andare alla satira più pungente.

All’inizio sembra che questo ironico poeta scrivesse le sue invettive, su richiesta, per schernire conoscenti o amici, nel tempo poi il suo sarcasmo diventa piuttosto feroce, per far ridere, ma anche per far riflettere e criticare il potere dei governatori di Roma.

Sempre più frequentemente le insoddisfazioni popolane, chiamate pasquinate, cominciano ad apparire appese al collo della statua e utilizzate indifferentemente anche dagli stessi politici per calunniare gli avversari e per conquistare il favore del popolo di Roma, durante le elezioni del Papa.

In particolare i papi sono abbastanza infastiditi da questa spiacevole presenza e alcuni tentano anche di eliminarla, perché gli attacchi più sferzanti toccano soprattutto la prostituzione di lusso dei pontefici, ma nessuno né tra il clero, né tra la nobiltà, riesce a raggiungere lo scopo, anche per la grande popolarità di Pasquino e il forte timore di eventuali ripercussioni.

Solo con la breccia di Porta Pia e la fine del potere temporale dei papi, le pungenti accuse diminuiscono; Pasquino tace fino all’arrivo di Hitler, quando si denunciano le spese assurde per le sfarzose scenografie allestite per il dittatore tedesco con la pungente pasquinata: Povera Roma mia de travertino/ te sei vestita tutta de cartone/ pe’ fatte rimira’ da ‘n imbianchino/ venuto da padrone!

Geniali, crudeli, impietose, tra tante rimane famosa quella dedicata a Papa Urbano VIII Barberini: Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini (cioè: quello che non hanno fatto i barbari, lo hanno fatto i Barberini), o quella diretta a Napoleone, noto per impossessarsi delle opere d’arte altrui e portarle a Parigi: È vero che i francesi sono tutti ladri? / Tutti no, ma BonaParte!

Insomma, nell’arco dei secoli, questa forma di esprimersi anonima e silenziosa, ha rappresentato una voce contro, graffiante e sempre pronta a dare risalto agli eccessi di un sistema col quale non è sempre facile convivere. Composizioni sagaci, sobillatrici, ma sempre senza scopi rivoluzionari.

Nel 2009 la statua viene restaurata e oggi non è più possibile attaccare le Pasquinate direttamente sul busto o sul basamento, rimane tuttavia un’apposita bacheca ai piedi di Pasquino, perché Pasquino continua a ricoprire il ruolo di coscienza parlante dei romani e tuttora simboleggia il perdurare di una tradizione che non smetterà mai di esistere.

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