
Pubblicato ore 14:00
- di Patrizia Caporali
Festeggiamenti, allegria, convivialità, ogni occasione è buona per alzare in alto i calici e brindare celebrando tutti quei momenti che meritano di essere ricordati. Messaggero di cose belle e di buonumore, il brindisi quindi è un’usanza ricca di tradizioni che esiste dalla notte dei tempi e da cui deriva un rituale verbale e gestuale davvero particolare.
Nella spontaneità di questo momento che vede i calici sospesi verso il cielo, si compie un gesto ricco di una positività che va a intrecciarsi con importanti valori come la condivisione, l’amicizia, il piacere di essere insieme.
Già gli eroi dei poemi omerici usavano levare la coppa gli uni alla salute degli altri ma, arrivando fino ai giorni nostri, vediamo che le diverse culture hanno arricchito e interpretato questo atto a modo proprio.
Il famoso bere alla salute dei vivi inizia probabilmente nell’epoca dell’Antica Grecia e continua in quella romana, in onore delle divinità, ma anche per scongiurare altri pericoli. Poiché all’epoca non era improbabile che qualche ospite mettesse veleno nelle bevande, si scongiurava ogni pericolo di avvelenamento urtando energicamente i bicchieri l’uno contro l’altro, affinché le gocce dei calici potessero facilmente contaminarsi e mischiarsi… per bere tutti in totale sicurezza.
Piuttosto curiosa rimane l’usanza medioevale quando nei borghi si aveva una gran sete a causa dei cibi conservati con sale e spezie; allora, visto che non si beveva tanta acqua, decisamente poco potabile, si preferiva consumare quantità spropositate di birra, vino e idromele. E se a questo si aggiunge il fatto che in un’epoca in cui la superstizione faceva credere che i demoni entrassero nei corpi umani, per spingerli al peccato o per impossessarsene, attraverso la bocca aperta, ecco che una strategia per scacciarli era quello di far un po’ di fracasso. E così, sbattendo le coppe rumorosamente l’una contro l’altra, ridendo e scambiandosi auguri, si veniva a creare un’atmosfera in cui i demoni, infastiditi, se ne stavano nella loro casa sotto terra e non entravano in bocca agli ubriaconi.
Oggi tutto questo non ha più senso, è sufficiente un tocco delicato, orizzontale e parallelo all’altro bicchiere e, per cortesia, uno sguardo diretto alle persone con cui stiamo brindando, magari conformandoci al più evoluto bon ton con un accenno di contatto, senza realizzarlo, e senza stravaganti esclamazioni come A la Santé, Salut, Prosit, Ad Maiora o il solito Cin-cin. E andando a ricercare proprio l’origine di quest’ultima espressione, troviamo che la sua derivazione cinese ch’ing ch’ing, cioè prego, prego, è stata portata in Europa dai marinai inglesi negli anni del fiorente commercio con la Cina, trasformandola in un chin chin, quale saluto confidenziale. Col passare del tempo, il tradizionale cin cin si adattò particolarmente bene al suono dei bicchieri che si toccano.
Dopo millenni e migliaia di occasioni, oggi in quasi tutte le culture il brindisi è un rito benevolo nei confronti di altre persone o di situazioni particolari, da fare sempre cercando di alzare i calici nel rispetto di poche, precise regole che ricordano di non brindare mai con l’acqua, così come il bicchiere non deve essere vuoto, non è affatto necessario fare il botto stappando la bottiglia e infine brindiamo preferibilmente a inizio pasto, magari guardandoci negli occhi come atto di sincerità e di vero augurio.
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