
Pubblicato ore 12:00
- di Patrizia Caporali
PUGLIA – Zampilli gorgoglianti che raccontano un passato o custodiscono strani misteri, da sempre le fontane sono simbolo delle città, capolavori d’arte create per celebrare la grandezza di papi e sovrani. In un’estate come questa poi, diventano una vera e propria attrazione di turisti e visitatori alla ricerca di refrigerio.
E se a Roma si contano duemila tra fontane e fontanelle, a Palermo troviamo la Fontana della Vergogna, a Torino c’è quella dei Due Fiumi, a Milano quella degli Sposi, mentre a L’Aquila fa bella mostra la Fontana delle 99 cannelle. Ogni città ne ha almeno una che potrebbe narrare chissà quali storie, ma a Gallipoli troviamo la Fontana più antica d’Italia.
A oggi non esistono testimonianze precise che ne confermino la sua costruzione: alcuni ritengono che risalga al III secolo a.C., mentre altri ipotizzano la sua origine al periodo rinascimentale in stile ellenico-romano; l’unica certezza è che non fu edificata esattamente dove si trova oggi, ma nel tempo è stata spostata in più occasioni e in diversi punti della città.
Alta circa 5 metri e conosciuta come la Fontana Greca, sfoggia due facciate che offrono temi decorativi diversi, con un abbeveratoio collocato alla base dove, in epoche passate, si dissetavano gli animali, mentre più recentemente era utilizzata per servire le tante famiglie della città che non avevano acqua.
Uno splendido capolavoro scultoreo, attrazione e orgoglio di Gallipoli, con la sua bellezza riesce a riportare i visitatori al vero senso della storia, della mitologia che sfocia nella metamorfosi più grottesca o immorale fino ad essere citata anche come la fontana dello scandalo.
La facciata più antica, quella a sud, appare suddivisa da quattro cariatidi in tre parti, ognuna delle quali ospita una coppia di rilievi che rappresenta le debolezze di tre ninfe Dirce, Salmace, e Biblide, così simili agli uomini più di quanto volessero mostrare e che gli dei consegnarono all’eternità, trasformandole in fonti.
Così il mito di Dirce, regina di Tebe che, sconvolta dalla gelosia, oltraggia la nipote Antiope e viene condannata ad essere dilaniata da due tori inferociti, solo la pietà del dio greco Dioniso la salva dal supplizio trasformandola in una fontana di pietra.
Nella seconda parte viene rappresentato mito di Salmace, la ninfa che pregò gli Dei di formare un solo corpo con Ermafrodito di cui era innamorata, i loro corpi nudi sono incatenati mentre si trasformano in una sola fonte, alla presenza di Venere e Cupido.
E infine il mito di Biblide che, innamorata del fratello Cauno e da lui respinta, consapevole dell’errore, piange fino a consumarsi di lacrime finché gli dei impietositi la trasformano in una fontana, mentre distesa stringe tra le mani il mantello del fratello.
L’altra facciata, costruita nel 1765 con la funzione di sostegno, ospita lo stemma di Gallipoli (l’immagine di un gallo con la corona e un cartiglio tra le zampe con la scritta latina fideliter excubat, cioè vigila fedelmente) e le insegne del sovrano Carlo III di Borbone.
Oggi, sebbene la sua antica pietra, erosa dal tempo, dalla salsedine e dal vento di libeccio, si riveli in un precario stato di conservazione, attraversata da numerose crepe che ne minacciano stabilità, la Fontana di Gallipoli rimane uno dei monumenti storico-artistici più rappresentativi della città stessa, a testimonianza di una civiltà che qui ha lasciato un prezioso, inestimabile patrimonio.
© Vietata la riproduzione
Lascia un commento