
Pubblicato ore 16:00
- di Glauco Fallani
Per gran parte della storia il primato nell’Arte è stato detenuto dall’Europa: prima dall’Italia e in seguito dalla Francia, ma quasi a metà del ‘900 è apparso Jackson Pollock. Eravamo agli albori della guerra fredda, USA ed URSS si fronteggiavano e nel mezzo c’era l’Europa. Direte voi: “Ma che c’entra questo con l’Arte?”. In una lotta senza esclusione di colpi come quella avvenuta tra il ‘45 e l’89 la supremazia culturale è risultata fondamentale. Stalin aveva preso a perseguitare le avanguardie incoraggiando un’arte figurativa e proletaria non molto diversa da quella fascista che si era messa in luce col monumentalismo alla Sironi, mentre negli USA Jackson Pollock dipingeva con la tecnica del dripping danzando intorno alla tela distesa addirittura sul pavimento.
Quale tra i due modi di essere avrebbe rappresentato meglio la libertà? In URSS si era costretta l’espressione artistica in un tunnel che segnava un’incolmabile distanza col mondo culturale europeo nonostante che questo fosse saldamente nelle mani di intellettuali di sinistra. Perfino Picasso, che pur era comunista, non se la sentiva di schierarsi in difesa del realismo socialista. La CIA fu la prima in occidente a capire tutto questo e su Pollock, Rothko e gli artisti dell’espressionismo astratto, sia pure a loro totale insaputa, investì pesantemente. La storia, infatti, ci insegna che chi ha dalla sua parte gli artisti, gli intellettuali e la stampa non può che vincere la “guerra” del consenso. La CIA, dunque, puntò alla grande su questo e andò avanti contro tutti senza curarsi della netta predilezione per il figurativo e per il bello in senso classicista fin lì dimostrato dal popolo americano, un valore di cui tanto Stalin in URSS quanto Truman alla ricerca di consenso in Patria si proclamavano paladini.
La maggior parte dei pittori Usa che la CIA intendeva promuovere era più o meno apertamente di sinistra e, se avessero saputo che i servizi segreti avevano preso a finanziarli per usarli in chiave anticomunista probabilmente avrebbero detto la loro, non lo avrebbero permesso, così il tutto fu finanziato per mezzo di autorevoli prestanome e in gran segreto.
Venne così una mostra al MOMA, la memorabile partecipazione alla Biennale di Venezia e una lunga serie di eventi in tutta Europa sempre osannati da una stampa forse anche foraggiata all’insaputa degli Artisti. Secondo un lucidissimo disegno si promosse quindi in tutto il mondo l’idea vincente degli Stati Uniti come patria della libertà. L’opposto, insomma, rispetto a Mosca dove l’intera Arte moderna era ormai perseguitata dalla caccia alle streghe lanciata da Andrej Aleksandrovic Zdanov per conto di Stalin.
Chi ha vinto? Beh, facile a dirsi: “Pali blu”, un’opera di Pollock è stata battuta a 140 milioni di dollari nel 2006, mentre oggi la pittura del realismo socialista sovietico non è altro che una curiosità storica dallo scarso valore economico.
Il segreto è stato rivelato ed è divenuto di dominio pubblico solo nel 1995, molto tempo dopo la fine della guerra fredda e ben 39 anni dopo la morte di Pollock, grazie a un articolo ampiamente documentato della giornalista britannica Frances Stonor Saunders dal titolo chiarificatore: “Modern Art was a Cia weapon”(L’Arte moderna era un’arma della CIA).
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