
Pubblicato ore 15:00
- di Glauco Fallani
È il 1948 quando Bruno Munari (Milano 1907 – Milano 1998), sicuramente uno tra i più importanti designer a livello mondiale, espone a Milano nella Galleria Borromini una scultura il cui progetto è così semplice da risultare disarmante. Si tratta di un unico foglio di lamiera quadrata che l’Artista taglia e piega ottenendo un volume-scultura la cui straordinaria novità sta nel gioco di pieni e di vuoti e nella semplicità del progetto.
Da questa prima proposta in metallo, passando all’inizio degli anni cinquanta al molto più comune cartoncino, si ottengono i primissimi esemplari che, in forma di sculture pieghevoli che hanno tra i loro antenati gli origami giapponesi, possono essere tenute per sé, regalate o addirittura spedite come biglietti di auguri. Originalissimi lavori che, dato il crescente successo, a partire dal 1958 entrano nella sfera di attenzione della critica mondiale con il nome di sculture da viaggio.
Chiunque, dunque, sull’esempio di Munari potrebbe con un banale foglio di cartoncino colorato ed un paio di forbici realizzare una scultura secondo il proprio gusto. Un’idea veramente semplice ma allo stesso tempo anche complessa. Un’ottima idea che, a distanza di oltre settanta anni, rimane una delle più rivoluzionarie che si siano mai viste tra quelle che hanno tentato una disperata quanto vana difesa contro un mercato dell’Arte sempre più onnivoro e dilagante. Una lunga via di contrasto e opposizione alla concezione capitalistica del mercato che a partire dalla “Fontana” che in realtà era un orinatoio semplicemente rovesciato da Marcel Duchamp, passando per “la Merde d’Artiste” proposta in numerosi esemplari da Piero Manzoni è arrivata ai giorni nostri con l’opera “La ragazza col palloncino” di Banksy creata appositamente per autodistruggersi dopo essere stata aggiudicata per ben 1,2 milioni di euro durante la famosa asta da Sotheby’s. Clamorosi quanto vani tentativo di opporsi, sempre perdenti.
Eh sì: gli Artisti, quelli veri, ci hanno provato e riprovato a mettere all’angolo e a battere il mercato, ma hanno sempre avuto la peggio. In questa società, così profondamente ingiusta, così assolutamente basata sul profitto è il mercato, e non gli Artisti, a farla da padrone. Così è andata anche per la geniale idea di Bruno Munari, come? Dando un crescente valore economico a quello che, nella prima intenzione dell’Artista, avrebbe dovuto avere soltanto un grande valore estetico.
La prima scultura da viaggio in cartoncino viene, quindi, regalata nel 1958 come prestigioso omaggio ai propri clienti dalla valigeria Valaguzza di Milano. Nel giugno del 1958 si organizza la prima mostra a tema alla galleria
Montenapoleone di Milano e, da lì in poi, l’idea di Munari viene così propagandata: è un’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità, è un gadget dell’era del marketing e fornisce valore aggiunto, ma è anche una soluzione innovativa nella storia della scultura e della cultura italiana.
Nessuno aveva mai pensato ad una scultura trasportabile, pieghevole, come una sedia, economica e facilmente riproducibile. La scultura da viaggio nasce con tutte le caratteristiche tipiche dell’era moderna: è low-cost, è pratica, volendo è anche mono-uso, è al servizio del moderno nomade che abita più case o che talvolta abita a diverse latitudini, è democratica by design, è leggera, quando viene esposta non ha bisogno di grandi spazi e può esprimere anche una dimensione culturale privata. La scultura si presenta piegata in una busta. Si apre la busta e si estrae la scultura. Appoggiate la scultura su di un piano orizzontale (sui piani inclinati scivola) e prima di spegnere la luce osservate come questa illumina le varie parti sporgenti o rientranti, le parti piene e quelle vuote. Voltatela dall’altra parte, cambia aspetto, i vostri pensieri da pratici diventeranno lentamente estetici e vi addormenterete felici. Buona notte.
Pensiamo ad un viaggiatore moderno. Un viaggiatore giovane di fuori e anche di dentro. Un tipo che appartiene ad una cultura internazionale, non un analfabeta culturale. E siccome una persona non è completa se non cura tutte le parti di se stessa, non solo l’apparenza ma anche la sostanza, ecco che nasce da un certo punto, quasi chiamata dalle esigenze vitali più complesse, la scultura da viaggio.
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