Giovane video reporter livornese: “Io, al confine turco-siriano per portare aiuti umanitari alle popolazioni”

Un viaggio nelle città fantasma un tempo territorio dell'Isis

confine turco-siriano enrico del gamba
Enrico a Kobane tra le macerie. Foto: Giacomo Sini, Enrico Del Gamba
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  • di Valeria Cappelletti

LIVORNO – A volte le storie più strane capitano sotto casa: basta un incontro, parlare un po’ e dopo poco ti trovi catapultato in una realtà completamente diversa dalla propria, magari a un passo da una zona di guerra. È quello che è capitato a Enrico Del Gamba giovane video reporter freelance livornese che ha scelto di andare in Turchia per portare aiuti alla popolazione curda, in una zona al confine con la Siria che per molto tempo è stata territorio occupato dall’Isis. Enrico ha visto con i propri occhi il disastro lasciato dalla guerra, le macerie, la desolazione, i volti dei bambini che sembrano già adulti e quelli degli adulti che hanno occhi tristi. Non solo, ha attraversato il confine per raggiungere Kobane, città della Siria, a lungo sotto l’Isis e poi bombardata dagli americani, per aiutare una famiglia a ritrovarsi.

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Enrico Del Gamba. Foto: Giacomo Sini, Enrico Del Gamba

Enrico ha appena 28 anni, ne farà 29 il prossimo 15 agosto, ha il volto di un ragazzo buono, gli occhi che si illuminano mentre mi racconta del suo viaggio in Turchia. Tra i suoi ingaggi ha lavorato per Discovery Channel, il canale famoso in tutto il mondo per i propri documentari, e sta completando gli studi con un master in regia documentaristica e cinema sperimentale presso il Distretto del cinema di Parma. Proprio per Discovery sarebbe dovuto partire per la Norvegia, già da qualche mese stava progettando un viaggio sui fiordi, tra paesaggi incontaminati ma a volte il destino decide per noi e così è successo. “Per caso sono andato a mangiare il kebab – racconta Enrico – in un posto vicino a casa e il proprietario Alican Yeldz ha iniziato a parlarmi di quello che stava succedendo in Siria e in Turchia e alla fine mi ha chiesto se volevo partecipare a una missione umanitaria lungo il confine turco-siriano come video reporter per testimoniare le azioni della MezzaLuna Rossa del Kurdistan Italia Onlus che porta cibo, acqua, beni di prima necessità a sostegno dei profughi siriani”. La MezzaLuna Rossa del Kurdistan ha diverse sedi in Europa e quella italiana è proprio qui a Livorno.

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I paesaggi incontaminati turchi. Foto: Giacomo Sini, Enrico Del Gamba

Non è certo una scelta facile quella che deve fare Enrico: “Alì mi racconta che gli aiuti umanitari che la Mezza Luna invia in Turchia vengono bloccati alla dogana. Ci sono testimonianze di carovane di camion colmi di farmaci scaduti o cibo andato a male perché vengono fatti stazionare lì, oppure presi dai turchi e gestiti in maniera autonoma, non sempre in favore dei campi profughi curdi”. Non corre buon sangue tra turchi e curdi: il Kurdistan, infatti, vuole l’indipendenza dalla Turchia ma quest’ultima non la concede. Alla fine Enrico decide di partire insieme ad Alì e un piccolo gruppo di persone tra cui anche il fotografo livornese Giacomo Sini. Era il marzo del 2015. “Cominciamo il nostro viaggio in Turchia andando da un campo profugo all’altro, viaggiamo lungo il confine, nell’entroterra, sulle montagne, vediamo paesaggi bellissimi, incontaminati. Prendiamo contatti con tutti i campi profughi per capire cosa davvero accade con gli aiuti umanitari. Nei campi gestiti dai turchi la situazione è drammatica, sono simili a lager, non si può parlare curdo, chi si lamenta perché non può farlo o perché non può uscire dal campo viene sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. Nei campi curdi la situazione è diversa – continua – quando ci vedono sanno che portiamo loro aiuto e se vedono la telecamera sentono il bisogno di raccontare le loro esperienze, di dire a tutti di aiutarli perché per troppo tempo hanno taciuto. Ascolto storie che fanno accapponare la pelle, storie di donne a cui i guerriglieri dell’Isis hanno ucciso tutta la famiglia. Ma soprattutto sento parlare di Kobane, un nome che riecheggia spesso nell’aria”.

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Kobane bombardata. Foto: Giacomo Sini, Enrico Del Gamba

E Kobane alla fine diventa la loro meta per un caso fortuito: “Eravamo rimasti solo Giacomo e io, ci trovavamo a Suruç (cittadina turca n.d.r.) – prosegue Enrico – una sera veniamo ospitati dalla famiglia della guida che però parlava solo curdo, al momento di tornare in albergo chiamano una giovane ragazza curda di nome Sabah che conosce l’inglese che ci aiuta a tornare all’hotel. Il giorno dopo andiamo ringraziarla e ci racconta che viveva a Kobane da cui poi è scoppiata a causa della guerra lasciando tutto, la casa, il negozio e anche un fratello. Ci dice che vorrebbe rivederlo e noi prendiamo a cuore questa cosa”. I due decidono di andare a Kobane, di notte, superano il confine e trovano da dormire in una vecchia casa bombardata. “Il mattino dopo scorgiamo il paesaggio, rimango senza parole, Kobane era una distesa di macerie, una città fantasma. Qualcosa che agli occhi e allo spirito ti lascia isolato. Passiamo tre giorni in giro per la città alla ricerca di Ibrahim, il fratello di Sabah. Il terzo giorno finalmente riesco a contattarlo al telefono, lo incontro, la sua gioia è immensa quando viene a sapere che siamo lì per volontà della sorella, mi lascia un video messaggio da mostrarle. E quando Sabah non credeva ai propri occhi, quando ha visto il video, era una grande emozione e lo è stato anche per noi”.

“Tornato a Livorno ho vissuto un po’ la stessa sensazione che vivono i militari quando lasciano il fronte, un profondo smarrimento: più volte mi sono trovato a riflettere, magari mentre mi gustavo una birra con gli amici, se questa fosse la realtà o se fosse quella che avevo trovato a Kobane. Sono arrivato alla conclusine che noi viviamo in un’isola felice e che la realtà vera è quella vissuta tutti i giorni dai popoli che sono in guerra. Se ho avuto paura? Nel momento di massimo pericolo non hai mai paura anzi senti una sorta di serenità, perché sei parte di qualcosa, senti che stai contribuendo a qualcosa di importante nel tuo piccolo”. Per fortuna ci sono stati anche momenti piacevoli quando il Newroz, il Capodanno curdo, che si svolge dal 18 al 21 marzo: “Una festa indimenticabile, piena di colori, in cui si respirava la voglia si libertà di questo popolo”. Tornato a casa Enrico ha fatto un lungo lavoro di divulgazione e informazione, con la Mezza Luna ha organizzato campagne di crowd-funding per costruire ospedali in Siria. Un produttore si è interessato alla sua avventura e per dicembre dovrebbe uscire un documentario, un prodotto per festival del cinema. E il prossimo viaggio? Per dicembre finirò gli studi e da lì chissà, ogni strada è aperta.

Valeria Cappelletti

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