
Pubblicato ore 18:05
- di Valeria Cappelletti
LIVORNO – “Mio suocero, Gino Tosi, amava moltissimo Livorno, diceva che non c’era città più bella”. “Loro erano i giovanotti livornesi, di quella Livorno che certe volte rischiamo di dimenticare, irruenta magari, impulsiva magari, ma tanto onesta e tanto vera”. A parlare sono Cristina Giudici Tosi, nuora di Gino Tosi e Laura Paggini il cui padre era cugino di Francesco “Cecco” Paggini.
Gino Tosi e Francesco “Cecco” Paggini sono stati i due giovani livornesi che salvarono Livorno dall’ultimo bombardamento quello che gli Americani, nel 1944, stavano per lanciare sulla città e che l’avrebbe completamente distrutta.
Oggi, 19 luglio, nel giorno in cui si celebra il 78esimo anniversario della Liberazione di Livorno dai nazifascisti, non possiamo non ricordare questi due eroi, questi ragazzi che hanno sfidato il pericolo e hanno tirato fuori un coraggio inimmaginabile per salvare la loro città. Abbiamo raccolto le testimonianze di Cristina Giudici Tosi del coordinamento femminile di ANPI e ANPPIA Livorno e di Laura Paggini (autrice di vari libri tra cui “Pesante come una piuma” che racconta un altro evento per molto tempo sconosciuto, l’orrore del campo di internamento di Roccatederighi a Grosseto in cui furono reclusi circa 80 ebrei) .
La storia
Francesco “Cecco” Paggini e Gino Tosi facevano parte del 10° Distaccamento Partigiano Oberdan Chiesa, che ebbe un ruolo decisivo nella liberazione di Livorno. La loro azione più coraggiosa e importante fu quella che li vide protagonisti di una missione alla quale si offrirono di partecipare dopo un colloquio con il maggiore americano Harry Carl Keith. Gli americani erano infatti convinti che i tedeschi avessero ammassato nella “zona nera” di Livorno armi, munizioni, cingolati e quindi intendevano lanciare un ultimo definitivo bombardamento. Francesco Paggini e Gino Tosi (insieme a Luciano Montelatici e Michele Carlesi) si presentarono dal maggiore Keith con il pilota americano Ernest Kulik tratto in salvo dai partigiani e da loro curato per le gravi ferite riportate. Kulik infatti si trovava su un aereo americano colpito dalla contraerea tedesca dislocata a Montenero. L’aereo era caduto in località Alberelli (Nibbiaia) e solo Kulik, dei cinque che componevano l’equipaggio, sopravvisse ma gravemente ferito. Giunti dal maggiore Keith, i due livornesi si offrirono di portargli le notizie necessarie sulla presenza di armi, sul sistema difensivo tedesco presente a Livorno, per evitare il bombardamento.
Una missione difficilissima, che vide Paggini e Tosi attraversare la scogliera di Castiglioncello, arrampicandosi su dirupi e scogli, e tuffarsi anche in mare, per evitare di imbattersi nelle truppe tedesche, che si riteneva fossero dislocate sulle colline, raggiunsero Chioma e da lì, il Distaccamento a Quarrata (Pistoia). Qui furono raccolte tutte le informazioni e fu redatta una dettagliata carta topografica. Nel viaggio di ritorno, per evitare di bagnare le carte così importanti, Paggini e Tosi passarono di terra con il rischio di essere scoperti dai tedeschi. Riuscirono a raggiungere il Comando americano e con quella carta topografica fu scongiurato il bombardamento. Grande fiducia si instaurò tra i due livornesi e il Comando Americano al punto che furono invitati dal Maggiore Keith a indossare la divisa statunitense e furono presi come partigiani-guida partecipando con le forze alleate alla liberazione delle colline e della città di Livorno, che avvenne il 19 luglio del 1944.
Le testimonianze
“Furono i primi a entrare a Livorno su due carri armati, entrambi con la divisa americana e dotati di armi – racconta Cristina Giudici Tosi, nuora di Gino Tosi – tutto quello che non avevano avuto come partigiani”. È ancora forte il ricordo e l’emozione nel narrare le vicende del suocero. “Ci raccontava che da partigiani andavano a combattere vestiti di stracci e con ami fatiscenti rispetto al periodo, per loro quindi fu una meraviglia essere dotati di queste cose”.
“Quando sono venuta a sapere di questa storia conosciuta dai più solo di recente, ne sono rimasta affascinata – ha commentato Laura Paggini – due ventenni che hanno sfidato il nemico, forse non hanno neanche valutato i rischi che stavano correndo, soprattutto nel viaggio di ritorno, via terra, sulle colline, quando potevano trovarsi i tedeschi davanti da un momento all’altro e finire sotto i colpi di una mitragliatrice, ma tanta era la loro passione, tanto il loro ardore e la forza fisica della gioventù. Loro sono proprio l’espressione della gioventù che non si ferma di fronte alla possibilità di realizzare i propri ideali e di salvare la propria città e i propri concittadini. È una storia bellissima e pensare che uno di loro sia un mio parente, io non ho alcun merito in questo, però mi inorgoglisce lo stesso”.
“Mio suocero che quest’anno avrebbe compiuto cento anni – prosegue Cristina Giudici Tosi – raccontava degli incontri ravvicinati con i tedeschi, inaspettati, e la maniera di eludere il loro controlli. Narrava che molti partigiani erano coraggiosi ma altrettanti si sono fregiati di titoli che non avevano, perché in quei momenti preferirono nascondersi. Quello che mi emozionava quando lo sentivo raccontare quelle vicende, era che ci metteva ancora l’anima, come se tornasse a vivere quei momenti e io immaginavo i fatti come se fosse un film”.
Molto forte era l’amicizia che ha legato Gino Tosi a Cecco, sono rimasti amici fino alla fine. “Un altro aneddoto curioso – conclude Cristina Giudici Tosi – è che il generale Clark, anch’egli presente al momento della consegna del pilota ferito, e che con mio suocero aveva avuto un rapporto di amicizia, ogni anno per Natale mandava una scatola di dolciumi americani, molto buona”.
A Francesco Paggini e Gino Tosi è stata dedicata una targa posta alla palazzina dei Piloti al Porto e l’ANPI ha proposto che venga loro intitolata una via di Livorno per avere sempre memoria del loro estremo gesto di altruismo, verso cui tutti noi siamo debitori.
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